'Su un foglio bianco': intervista a Paolo Schena, autore del suo primo disco solista 'Canzoni ad uso interno'


di FEDERICA BIANCO - Paolo Schena, cantautore bolognese, si racconta ad “Italia Notizie” con tante suggestioni e pensieri interessanti venuti fuori dal suo primo disco solista “Canzoni ad uso interno”, uscito il 6 giugno.

Il tuo album “Canzoni ad uso interno” apre un capitolo della cultura italiana quasi dimenticato. A chi ti sei ispirato?

Per pensare al concept dell'album ho raccolto un po' di brani di diversi tempi scritti in diversi anni però avevano tutti questo denominatore comune che doveva essere appunto l'uso interno perché c'era tutta una cultura. Il giornalista Ernesto Ragazzoni è stato uno dei primi antieroi della letteratura italiana. Quel periodo che va dai primi venti anni del Novecento italiano è stato fonte di ispirazione per trovare dei modelli di reazione ad una cultura molto imposta, di un certo tipo. Le poesie si scrivono in un certo modo, le canzoni si fanno in un certo modo e quindi a me piaceva questa cosa. Ragazzoni era un outsider, come anche tanti altri poeti della Scapigliatura. Hai presente una scatola cinese? Ecco, io ho cominciato dall'ultima scatolina di una scatola cinese molto più grande che parte dall'Ottocento. Da Edgar Allan Poe che ha scritto delle poesie, che poi ha tradotto Ragazzoni, fino ai cantautori degli anni Settanta. Mi sono ispirato un po' a tutti: a Rino Gaetano, Ivan Graziani che di fatto erano outsider. Anche Jannacci era un grandissimo outsider, però non è De Andrè, non è mai diventato De Andrè, ed è stato sicuramente grande egualmente. E quindi l'idea è un po' questa, mi sembrava che fosse il momento di resistere culturalmente, recuperando anche una forma di canzone, ma arrangiata in modo più moderno, che suonasse nuovo. Allo stesso tempo attenersi a strumenti tipo l'ocarina, la fisarmonica che hanno una tradizione di un certo tipo. È un recupero molto personale, le cose si fanno per se stessi. Si fanno principalmente per il piacere di farlo per un uso che deve star dentro le persone, non tanto per il mercato. Pensa a scrittori grandissimi di altri tempi, tipo D'Annunzio che è il vate, il poeta. Il cantautore è l'erede di questi poeti. Secondo me il testo della canzone scritta è indissolubile dalla metrica, dalla poesia perché le canzoni raccontano in maniera più diretta, più facile, più vicina alle persone cose che prima raccontavano le poesie. Quindi per questo, in un disco di 10 canzoni, si può decidere di musicare 2 poesie del 1910, perché se queste suonano come canzoni, basta solo metterci la musica. Le due canzoni, poesie di Ragazzoni, nel disco, “Buchi nella sabbia” e “Dormi” sono degli omaggi all'idea delle “Pagine invisibili”. Quando ho pensato di far uscire il disco, volevo dargli una linea coerente e in quel periodo leggevo Ragazzoni. Ci ho inserito queste due poesie perché mi sembrava che dessero ancora più forza al messaggio di tutto il disco. Il messaggio di fare un passo indietro per farne due in avanti.

Si sente la nostalgia del passato nelle tue canzoni. Qual è la cosa che ti manca di più?

È questione di natura, di come uno vive il presente. Io lo vivo in maniera abbastanza tridimensionale, ci vedo un po' di passato e un po' di futuro. Quindi il passato che è passato perde la sua terza dimensione. Poi ritorna nel presente quando tu lo rievochi e non sai mai se avrà futuro. Diventa bidimensionale quindi mi manca la terza possibilità: la ripetibilità del passato. Poi a volte si fanno degli errori, c'è uno scrittore, Ennio Flaiano che scrisse “Il teatro degli errori” e mi piacciono questi antieroi che partono dal negativo per descrivere qualcosa di positivo. Diceva che si può vivere solo sbagliando e diventando dei professionisti dello stesso errore. Anche le canzoni del passato per me sono delle storie, non di errori, ma di un'esperienza e quella malinconia che si portano dietro, porta a gustarti la dimensione di quello che hai vissuto, del passato. Uno scrive per sé anche per questo e quando anche le altre persone si riconoscono in questo vuol dire che hai centrato l'obiettivo. Dare una moneta, qualcosa di veramente spendibile, al passato di altre persone. Quando si decide di mettere su il cd di Schena o di chiunque si voglia, in quel momento fai respirare, dai uno sfogo positivo a questa malinconia. E quindi questo è un motivo utile. L'utilità di uno che scrive canzoni è dare la possibilità alla gente con le parole, con dei flash di far rivivere la propria malinconia, la propria felicità, tutto. Mediamente quella malinconia che dà il motore, fa girare le canzoni, altrimenti sarebbero veramente ferme.

Il tuo modo originale di fare cantautorato comprende un insieme di genere musicali che si fondono perfettamente tra di loro. Hai dei collaboratori con cui condividere la musica?

Naturalmente si. Cerco di farlo in maniera armonica e di collaborare. Le idee musicali e gli arrangiamenti del disco, in linea di massima, erano pensati già. Io cerco di avere un'immaginazione sulla canzone abbastanza completa perché la canzone suona in un modo, ci sono delle vie musicali che devono essere quelle, quei passaggi. Io scrivo musica e canzone e difficilmente il mio testo viene musicato da qualcun altro. Ho ascoltato molta musica diversa e i collaboratori sono fondamentali. Tutti coloro che sono passati per il disco hanno idee musicali diverse e sono stati bravissimi perché hanno preso al cuore il disco. Anche l'affetto si sente. Io non saprei mai arrangiare una parte di ocarina, invece Fabio Gagliani, che è un ocarinista bravissimo, è arrivato, ha sentito il disco e la linea melodica, e lui l'ha arricchita. E lo stesso vale per le parti di piano, fisarmonica, per il basso. Io suono strumenti a corde. Nella riuscita del disco è stato fondamentale questo affezionamento ai pezzi da parte dei musicisti. Ognuno ci ha messo del suo. Benedetta ci ha messo un po' di classica nelle parti di violino, un altro di folk e jazz balcanico. Ognuno ci ha aggiunto quella nota in un genere che non saprei come definire. È un pop folk con note indie rock. Un disco abbastanza vario. A me piacciono molto i ritornelli, anche quelli non cantati e poi una parte melodica che si deve attaccare. La filastrocca, il canto popolare sono la tradizione musicale italiana con le loro ripetizioni di cui facilmente ci si ricorda. E questo è molto pop, come un po' Rino Gaetano ad esempio. Questo è un disco caldo, maturato nel corso degli anni. L'ultima è “Canzone in una noce” che l'ho inserita mentre registravamo. Mi sembrava giusto mettere una firma di composizione nuova. Per chi l'ascolta è tutto nuovo il disco. Per me alcune canzoni sono nate con uno Schena diverso. Mi piace l'idea che “Canzoni ad uso interno” stia nelle case delle gente, che sia ad uso interno di qualcun altro. Io ho un'idea un po' passatista probabilmente. Uno è Vasco Rossi che è un modo fantastico e l'altro è la lettura, che è quello di Vecchioni. Se scrivi vuol dire che hai letto e ascoltato. Oppure vuol dire che dentro hai un tipo di vita che esplode. La prima fase, quella di Vasco, avviene in un periodo della vita che è più dirompente, esperienziale. Dopo bisogna leggere, cioè studiare.

Quali saranno i programmi futuri per il promettente “Canzoni ad uso interno”?


Siamo ancora in una fase di promozione. L'idea è quella di farlo girare il più possibile. Ho appena finito di registrare il video di “Meglio così” che uscirà prima dell'estate e dopo l'estate farne uscire un altro con un mood diverso. L'Irma Records è un'etichetta abbastanza nota. La fase di promozione è un po' difficile. Farò dei concerti a luglio e a settembre riprenderò un po' più seriamente a girare un pochino. Poi vediamo se il disco riesce ad arrivare in qualche concorso. Per un cantautore è difficile, non si riempiono gli stadi. Il tipo di progetto si adatta molto alle serate di quelle che faccio io, in cui in piccoli situazioni si può parlare e raccontare. Non ho ancora un piano preciso ma ho un paio di date che non ti svelo. Sicuramente a Bologna e poi da settembre ho intenzione di portarlo in giro.

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