Meloni annuncia che andrà alle urne ma non ritirerà la scheda: polemiche dalle opposizioni


ROMA – La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato che si recherà fisicamente al seggio in occasione dei prossimi referendum su lavoro e cittadinanza, ma senza ritirare la scheda elettorale. Una scelta simbolica e legittima sul piano formale, ma che ha subito infiammato il dibattito politico, scatenando le dure critiche delle opposizioni.

L’annuncio è arrivato a margine delle celebrazioni per la Festa della Repubblica, proprio nel giorno che ricorda lo storico referendum del 1946. “Vado a votare, ma non ritiro la scheda. È una delle opzioni previste”, ha spiegato Meloni, motivando la sua decisione come una forma di partecipazione alternativa.

Il Viminale chiarisce: gesto legittimo, non incide sul quorum

Dal punto di vista normativo, il Ministero dell’Interno ha confermato che non ritirare la scheda è una scelta perfettamente lecita, che non incide sul calcolo del quorum, fissato al 50% più uno degli aventi diritto al voto. Al contrario, il semplice ritiro della scheda e la successiva restituzione o annullamento avrebbe contato nella determinazione della soglia minima di partecipazione.

Tajani segue la linea: “Mi asterrò anch’io”

Anche il vicepremier e leader di Forza Italia, Antonio Tajani, ha annunciato che non parteciperà al voto, aderendo in pieno alla linea dell’astensione. Una posizione condivisa da diversi esponenti della maggioranza, che si dichiarano contrari alla natura stessa dei quesiti referendari.

Le opposizioni insorgono: “Un sabotaggio del voto”

Immediata e durissima la reazione dell’opposizione. Il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha accusato la premier di voler “boicottare il referendum”, definendo il gesto “un trucco per sabotare il voto” e criticando aspramente la scelta di annunciarlo proprio il 2 giugno:

“In quasi trent’anni non ha fatto nulla per i lavoratori e i precari. Ora si presenta alle urne per non votare, una presa in giro agli italiani.” 

Sulla stessa lunghezza d’onda la segretaria del PD, Elly Schlein, che ha attaccato:

“Il ‘vado a votare ma non voto’ è una mossa ipocrita. Dimostra soltanto paura del quorum.”

Anche il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha parlato di “atto irresponsabile”, mentre Riccardo Magi (+Europa) ha definito la posizione della premier “agghiacciante”, accusandola di “mandare messaggi confusi che incentivano l’astensione”.

Per Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana), gli italiani “non faranno questa pantomima”, mentre Angelo Bonelli (Verdi) ha attaccato frontalmente:

“Se anche la presidente del Consiglio non ritira la scheda, significa che temono il raggiungimento del quorum.”

La maggioranza difende Meloni: “Atto coerente, già fatto in passato”

A difendere la scelta di Giorgia Meloni sono intervenuti diversi esponenti della maggioranza. Per Alfredo Antoniozzi di Fratelli d’Italia si tratta di un gesto coerente, ricordando che nel 2022 fu il centrosinistra a promuovere l’astensione in occasione dei referendum sulla giustizia, “senza che nessuno allora gridasse allo scandalo”.

Anche Maurizio Lupi (Noi Moderati) ha definito le critiche “strumentali”, accusando le opposizioni di doppiopesismo. Infine, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, ha ricordato che l’astensione è una scelta politica legittima:

“Il raggiungimento del quorum è un obiettivo politico. Non raggiungerlo è una strategia come le altre.”

Il dibattito resta aperto

La decisione della premier rilancia il tema della partecipazione elettorale e del valore del referendum come strumento democratico. Ma in un Paese dove il quorum resta spesso difficile da raggiungere, la scelta di partecipare per astenersi rischia di rimanere, più che un gesto istituzionale, un segnale divisivo.

Con l’avvicinarsi del giorno del voto, la polemica non si attenua. E il referendum si conferma non solo un appuntamento con la democrazia diretta, ma anche un banco di prova per la tenuta politica e istituzionale del Paese.

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