Farsi prendere per la gola

VITTORIO POLITO - La gola, termine generico con cui si designa soprattutto la faringe e la parte alta del tratto laringo-tracheale, rappresenta una parte anatomica vitale del collo, in quanto racchiude la laringe che è l’organo della respirazione, della fonazione, del linguaggio e quindi della comunicazione. La gola è opportunamente protetta da idonea muscolatura ed è stata definita “nodo ferroviario”, attraverso il quale passano le connessioni vitali tra organi ed apparati, come la bocca, il naso, la laringe, la faringe, i polmoni e lo stomaco. Inoltre, attraverso questo tunnel, passano i grandi “binari” della circolazione sanguigna che collegano due organi anatomici eccellenti: cuore e cervello.

La gola, oltre a racchiudere le importanti funzioni già dette, è anche la porta di accesso di tutte le squisitezze della vita alimentare ed è sinonimo di ghiottoneria, ingordigia, golosità e come tale considerata dalla morale cattolica uno dei sette peccati capitali. Ma, fatta salva la morale, i cibi rappresentano un settore particolarmente interessante ai quali l’essere vivente si è sempre servito per soddisfare le indispensabili esigenze di sopravvivenza.

A proposito della supremazia del linguaggio sulle altre forme di comunicazione, ricordo uno degli episodi più inquietanti dell’Antico Testamento: quello della Torre di Babele (Genesi, XI). Fin dall’antichità gli uomini avevano una chiara consapevolezza del valore della comunicazione inter-umana sapendone apprezzare il potere ed il significato sociale. La leggenda narra che, al tempo del racconto biblico, su tutta la Terra si parlava “una sola lingua con le stesse parole” e proprio grazie all’universalità del loro linguaggio gli uomini si sentirono talmente forti da costruire una torre che saliva fino al cielo, provocando l’ira di Dio, di un Dio spesso geloso, come quello dell’Antico Testamento. La condanna divina fu proprio la diversificazione delle lingue, affinché gli uomini non si potessero più capire e si disperdessero su tutta la Terra.

La differenza della gola tra i due sessi è ben visibile: è rappresentata da quella sporgenza anatomica chiamata “pomo d’Adamo” che, mentre ci ricorda il peccato originale, altro non è che la punta (osso ioide) di una cassa di risonanza (laringe) per le corde vocali. Il fatto poi che nell’uomo è più grande, non è dovuto solo ad una struttura più robusta, ma anche alla maggiore lunghezza delle corde vocali (18 mm nell’uomo, 13 nella donna), espressione di un diverso timbro vocale.
(A.Modigliani, 'Madame Pompadour')
Il collo femminile? È generalmente più lungo e sottile di quello maschile, simboleggia un’immagine di bellezza e femminilità, riconosciuto soprattutto nel mondo della moda. In Birmania, invece, vivono donne-giraffa, che hanno un collo più lungo di 2 o 3 volte il nostro, a causa di una serie di anelli o meglio di spire metalliche che vengono messe alle bambine intorno ai 5-6 anni e in seguito ne vengono aggiunte altre. In questo modo il collo può superare anche i 30 centimetri di lunghezza, subendo così una graduale deformazione di tutta la struttura ossea delle spalle e delle clavicole al punto che se gli anelli dovessero essere rimossi le donne non riuscirebbero più a tenere su la testa a causa dell’atrofia dei muscoli del collo. Gli anelli pare fossero utilizzati per proteggersi dai morsi delle tigri, ma attualmente la legge vieta questa usanza tribale.

L’arte italiana ha contribuito a dare giusto rilievo al collo femminile attraverso i celebri dipinti ‘La Bohèmienne’ e ‘Madame Pompadour’ del grande Modigliani, tanto per farsene una ragione.

Altri riferimenti alla gola sono rappresentati da concetti allusivi e di uso comune, come “avere il cuore in gola” (provare forte emozione), “avere l’acqua alla gola” (essere in estremo pericolo, in gravissime difficoltà o costringere qualcuno a far qualcosa o ‘catturarlo’ con sfiziose ghiottonerie).

Per finire, qualche curiosa ricetta popolare regionale italiana e straniera contro il mal di gola, ricordata da Luciano Sterpellone nel suo libro “Orecchi, naso…e un po’ di gola” (Antonio Delfino Editore). “Spalmare sulla gola un po’ di grasso di serpente” (Valle d’Aosta); “Applicare e fissare intorno al collo un impacco di cenere calda” (Liguria); “Contro l’afonia, bere un quarto di latte in cui sono stati bolliti due fichi” (Trentino); “Applicare al collo un sacchetto di sabbia calda” (Lazio); “Frizionare la gola con olio caldo” (Campania); per la Puglia, “Fare sciacqui e/o gargarismi con decotto di radice d’adonide - erba rizomatosa - in mezzo bicchiere di acqua tiepida”.

Per la Nuova Zelanda, invece, “Avvolgere intorno al collo un panno bagnato e ricoprirlo con un calzino di lana da uomo”; per la Svizzera Tedesca “Fare gargarismi con infuso d’aglio e salvia in parti uguali” e, infine, per la Turchia, “Scarificare la cute del collo a livello della gola, e spargervi fiori di camomilla. Avvolgere intorno alla gola della mussola sulla quale sono stati schiacciati grani di pepe nero e noccioli d’oliva”. Insomma paese che vai, usanza che trovi!

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