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Durante il collocamento Snap Inc ha venduto 200 milioni di azioni a 17 dollari l'una, un prezzo superiore alla forchetta di 14-16 dollari precedentemente fissato e che valuta la società 24 miliardi di dollari. Con l'initial public offering Snap Inc ha raccolto 3,4 miliardi di dollari, una somma che potrà usare per finanziare l'ulteriore espansione. E che manda un segnale di fiducia agli altri "unicorni", come vengono chiamate le società tecnologiche, da Uber in giù, con una valutazione superiore al miliardo di dollari. Negli ultimi mesi molti di loro si sono tenute lontani dalla Borsa nella convizione che non confermasse gli enormi valori riconosciuti loro dal mercato degli investitori privati.
Le perplessità sugli orizzonti di Snap restano, evidenziate dai dati resi noti dall'azienda californiana proprio in vista del collocamento: la frenata nella crescita degli utenti, i misteri della futura monetizzazione, l'agguerrita concorrenza di app con simili premi per la privacy e infine una struttura societaria che lascia un insolito grado di controllo ai fondatori. I co-fondatori, il 26enne Ceo Evan Spiegel e il 27enne chief technology officer Bobby Murphy, controlleranno quasi il 90% dei diritti di voto e hanno collocato solo azioni senza alcun potere. E va ricordato che anche Twitter nel giorno del suo debutto nel novembre 2013 aveva fatto segnare un rialzo eccezionale dell’85% a 48 dollari per azione e si era issato fino alla soglia dei 70 dollari salvo poi precipitare agli attuali 15,80 dollari. Esattamente opposto il cammino di Facebook, che dopo un avvio pessimo (-31% il primo anno) ha preso il volo e ora è scambiata a valori superiori del 260% al prezzo dell’Ipo.
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