Lavoro. Camusso: "Se si fa decreto, sciopero generale"

Se il governo proseguirà sulla riforma del lavoro attraverso un decreto occorrerà indire "lo sciopero generale". Lo ha detto il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, intervenendo all'assemblea nazionale della Fiom.
"Se si decidesse - ha scandito - di procedere con il decreto bisognerà proclamare lo sciopero generale".
Il Governo è pronto a fare "tutto il necessario" per "ridurre la disoccupazione". Ad assicurarlo è il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, parlando dall'altra sponda dell'Oceano, dal quartier generale di Chrysler ad Auburn Hills. E lancia un interrogativo, o meglio esprime un dubbio, sul quello che è quello che è il tema più caldo: l'articolo 18. Il premier si chiede: "è una scelta che garantisce i diritti? Perché qualcuno ha diritti di serie A se sta in un'azienda di 15 dipendenti e di serie B se i dipendenti sono 14?". La risposta probabilmente arriverà lunedì prossimo, da Roma, quando si riunirà la direzione del Partito democratico. Quanto alle tensioni interne, Renzi assicura: "non vedo questo rischio" di spaccature. Anche se in giornata non sono mancati rilievi da esponenti come Pippo Civati e Pier Luigi Bersani. Sul 'fronte esterno', i sindacati restano sul piede di guerra.
Il percorso di mobilitazione unitario rimane una possibilità, ma la Cgil non sembra intenzionata ad aspettare e il 25 ottobre scenderà con tutta probabilità in piazza da sola. Dalla città degli operai, Detroit, Renzi non poteva non parlare di lavoro, l'Italia, spiega, ha bisogno di cambiare e di mettere in piedi "un sistema organico". Il nostro, infatti, sottolinea "è un progetto organico, non riguarda solo un articolo di una legge di quaranta anni fa, ma riguarda il mondo dei prossimi anni". Il riferimento va allo Statuto dei Lavoratori, datato 1970, e in particolare all'articolo 18, che tutela dai licenziamenti senza giusta causa stabilendo in sostanza il diritto alla riassunzione, ma solo in caso di aziende sopra i 15 dipendenti. "Se il reintegro è un obbligo costituzionale, come dice qualcuno perché vale solo sopra i 15 dipendenti e non sotto? Se un obbligo costituzionale lo sarà per tutti", altrimenti, "se è una scelta politica è la scelta migliore?", si chiede ancora il premier. Di certo Renzi si proclama non interessato a una "discussione tra correnti", ma a risolvere il dramma lavoro e sul punto sembra citare anche il presidente della Bce, Mario Draghi, e la sua famosa frase per salvare l'euro: disposti a qualsiasi cosa sia necessaria. Non solo, il premier avverte: "non ho paura dei poteri forti", semmai "temo i pensieri deboli". D'altra parte sul piatto Renzi mette anche la sostanza: "abbiamo scelto di far combaciare il periodo della discussione su sul Jobs act con la Legge di Stabilità, perché è necessario mettere dei denari su alcuni istituti in particolar modo sugli ammortizzatori sociali". L'obiettivo è estendere le salvaguardie anche a chi oggi ne è sprovvisto, a partire dai precari. La delega lavoro quindi si candida a ridisegnare tutto il sistema in modo compiuto e, sottolinea Renzi, senza "alcun pasticcio".
Fin qui i contenuti, quanto ai tempi a mettere punti fermi ci pensa il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che spiega come l'esame in Aula, al Senato, del Jobs Act slitterà di qualche giorno ma "non ci sono problemi di calendario". A palazzo Madama quindi l'iter riprenderà la settimana prossima e per ora valgono gli avvertimenti di Bersani: "continuo a pensare che una sintesi sia possibile", in caso contrario si "andrebbe incontro a un percorso complicato". Civati per intavolare una discussione invece vorrebbe "un documento scritto con i dettagli". Il presidente del Senato, Piero Grasso, cerca di buttare acqua sul fuoco: "Certamente l'aula troverà l'equilibrio per potere uscire da questi dilemmi". Per l'altro ramo del Parlamento parla invece la presidente della Camera, Laura Bolrini, per cui l'art.18 "è questione non cruciale per il cambiamento". Intanto i sindacati sono alle prese con la costruzione di un'iniziativa comune sul lavoro, "auspicabile" per la leader della Cgil, Susanna Camusso, e a cui il numero uno della Uil, Luigi Angeletti, si dice "favorevole". Manca però ancora una sintesi, forte si farà lunedì con un contro tra le tre sigle, ma la Cgil comunque va avanti sulla sua strada e domani formalizzerà la manifestazione nazionale per il 25 ottobre a piazza San Giovanni. Sempre da Roma, con lo sguardo rivolto verso il lavoro e gli Stati Uniti, parlano i vescovi, la Cei: "La Chiesa pensa che bisogna guardare con più realismo alle persone" senza impiego e "il dibattito sull'art.18 è meno centrale". E ancora, "non è questione se il Renzi piaccia a noi o no. Bisognerebbe chiedere alla gente". Il premier risponde con "rispetto ogni tipo di considerazione".

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