Sesto San Giovanni – La Polizia di Stato, coordinata dalla Procura di Monza, ha fermato tre persone ritenute responsabili dell’omicidio di Hayati Aroyo, 62 anni, cittadino italo-turco e cognato del boss della mafia turca Huseyin Sarai, trovato carbonizzato lo scorso 23 luglio in un appartamento del centro cittadino.
I fermati sono un uomo italiano di 49 anni, la moglie italiana di 47 anni e un cittadino albanese di 33 anni. Sono accusati di omicidio aggravato, rapina aggravata, incendio e distruzione di cadavere. Secondo quanto emerso dalle indagini, il movente potrebbe essere legato al timore che la vittima diffondesse un video compromettente che ritraeva la donna in atteggiamenti privati, anche se il video non è stato mai trovato.
Secondo la ricostruzione della Squadra Mobile, la donna avrebbe preso appuntamento con Aroyo ed è entrata per prima nell’appartamento, lasciando la porta aperta all’albanese che avrebbe colpito la vittima con circa trenta coltellate, mentre il marito faceva da palo all’esterno. Successivamente, il corpo è stato spostato sul letto, cosparso di candeggina e dato alle fiamme insieme all’appartamento.
Gli investigatori hanno individuato i responsabili grazie all’analisi delle telecamere di sorveglianza, dei tabulati telefonici e alle intercettazioni, che hanno consentito di ricostruire i ruoli dei tre nella notte del delitto. Nel telefono dell’albanese sono stati rinvenuti messaggi della donna in cui commentava l’omicidio senza mostrare alcuna emozione.
Il corpo di Aroyo è stato identificato solo alcuni giorni dopo tramite impronte digitali, con il supporto delle autorità turche, vista la gravità delle ustioni. L’italo-turco si trovava nell’appartamento che gli era stato prestato da uno studente ventenne in vacanza.
Attualmente gli uomini sono stati trasferiti nella casa circondariale di Busto Arsizio, mentre la donna si trova nel carcere di Milano, in attesa che il provvedimento di fermo venga convalidato dal gip.
Le indagini proseguono per chiarire eventuali altri elementi legati ai rapporti tra vittima e aggressori.
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