Ciao Pippo, uomo di pace


FRANCESCO GRECO
. ROMA – Ho incontrato Pippo Baudo in uno studio tv dove si girava una puntata del programma di Rai3 “La guerra dei mondi”.

Andò così: ero a via Teulada per incontrare un collega, avevo lasciato la borsa all’entrata su invito della “sicurezza” e mi aggiravo in un corridoio spoglio, quando in fondo apparve una ragazza che gridò: “Venga dottò, stiamo per registrare…”.

Mi girai e mi accorsi che non c’era nessuno.

Mi ricordai della famosa battuta di Alberto Sordi: “A Roma siamo tutti dottori”.

Entrai nello studio, era avvolto dalla semioscurità. C’era gente di ogni età. Qualcuno mi bisbigliò di sedermi e mi ritrovai accanto a Ninetto Davoli.

Andò in onda la sigla, si accesero le luci ed entrò David Parenzo con la sua cartelletta.

Disse qualcosa e introdusse Pippo Baudo. Il tema trattato era la differenza di vedute fra le generazioni. Sai la novità…

Un po’ di chiacchiere banali, ma all’improvviso gli animi si scaldarono e si sentirono delle urla. Cosa stava succedendo?

Lo scrittore Aldo Busi aveva detto qualcosa all’indirizzo di una donna, la deputata di Forza Italia (poi sarebbe transitata nella Lega) Laura Ravetto.

Continuarono per un po’ quando l’onorevole si alzò e prese la via dell’uscita a larghe falcate.

Al che Pippo Baudo le andò dietro, la prese delicatamente per un braccio e, mentre quella urlava ormai incapace di controllarsi, riuscì a riportarla al suo posto e a farla sedere.

Solo che Busi continuava a parlare nella sua direzione e così la bionda si alzò di nuovo per andarsene. Baudo riuscì ancora a riportarla nella sua tribunetta, urlante e sgomitante.

La situazione era sfuggita di mano a Parenzo, che balbettava, ma Baudo, col suo tradizionale mestiere, prese in mano la trasmissione.

Chiese e ottenne un applauso per Ninetto Davoli, poi dietro la telecamera riconobbe Vittorio Pochesci, un tecnico che proprio quel giorno andava in pensione e anche lui fu applaudito.

Intanto in sottofondo la Ravetto e lo scrittore bresciano continuavano a lanciarsi improperi, ma senza audio. Così Baudo decise di chiudere la puntata. In fondo si era stati fedeli al titolo del programma.

Si accesero le luci e tutti corsero verso Baudo, mentre Busi cercava di giustificarsi e la parlamentare era sparita.

Fui tentato di chiedere allo scrittore cosa aveva detto di tanto irritante.

Scoprii che c’erano delle società che “affittavano” il pubblico alle trasmissioni tv, 10 euro a persona, 7 il compenso per chi sedeva nelle tribune.

Rinunciai al mio cachet, lo lasciai come obolo a Piero e Alberto Angela: ero un fedele spettatore di “Quark” e “Superquark”, come di “Geo” di Sveva Sagramola.

Feci un po’ di pubbliche relazioni con Davoli, gli auguri a Pochesci chiedendo qualche aneddoto. Fui l’ultimo a uscire ormai nella semioscurità.

Alla mia destra, su una scrivania, notai un mucchio di carte: copie del palinsesto del programma.

Da erede di quelli che (Timeo Danaos et dona ferentes) infilarono un cavallo di legno colmo di feroci guerrieri dentro la città di Troia, mi venne un dubbio: lo scazzo fra la deputata e lo scrittore gay era stato scritto dagli autori?

Presi una copia, la piegai in due, uscii nel corridoio, recuperai la mia borsa sempre sotto lo sguardo accigliato dei vigilantes, eccomi alla fermata dell’autobus nell’umida sera di giugno. Ne presi tre.

A casa aprii delicatamente il palinsesto manco fosse la mappa di Soleto o un libro di alchimia e mi aspettassi chissà quali segreti.

Erano 4-5 pagine, lessi attentamente più volte: no, non era stato scritto, era avvenuto lì per lì. Credo che nel montaggio lo tagliarono.

Da allora, quando penso a Pippo Baudo lo collego alla parola “pace”. Anche stamattina nel leggere le agenzie.

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