ROMA - Giovanni Brusca, il boss mafioso che azionò il telecomando della strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta, è ufficialmente libero. A fine maggio 2025, infatti, si è concluso l’ultimo vincolo con la giustizia: i 4 anni di libertà vigilata impostigli dalla magistratura di sorveglianza dopo la sua scarcerazione nel 2021.
Brusca, ex potente capomafia di San Giuseppe Jato, aveva scontato 25 anni di carcere per una lunga serie di delitti, fra cui oltre 100 omicidi, l’uccisione e lo scioglimento nell’acido del piccolo Giuseppe Di Matteo (figlio del pentito Santino), e appunto l’attentato di Capaci del 23 maggio 1992, una delle pagine più buie della storia repubblicana.
Dal boia di Capaci al “pentito utile”
Dopo l’arresto nel 1996, Brusca decise di collaborare con la giustizia, fornendo informazioni considerate cruciali per la ricostruzione delle dinamiche interne a Cosa Nostra e per il ruolo svolto da apparati esterni nella strategia stragista degli anni ’90. Tuttavia, il suo pentimento fu a lungo considerato tardivo e controverso, e ha continuato a dividere l’opinione pubblica.
La sua scarcerazione nel 2021 suscitò un’ondata di indignazione, soprattutto tra i familiari delle vittime di mafia e l’opinione pubblica. Ma la legge italiana, in virtù della collaborazione e dei benefici previsti per i collaboratori di giustizia, ha ritenuto legittima la sua progressiva liberazione.
Una nuova vita sotto falsa identità
Secondo quanto emerso, Brusca continuerà a vivere sotto protezione, in una località segreta e con una nuova identità, come previsto dai protocolli del programma di protezione per i collaboratori di giustizia. La sua permanenza lontano dalla Sicilia è stata ritenuta necessaria per evitare ritorsioni da parte di Cosa Nostra.
Il dibattito continua
La fine della libertà vigilata di Giovanni Brusca riaccende il dibattito sull’equilibrio tra giustizia, legalità e clemenza. Da una parte, il sistema giudiziario rivendica l’efficacia della collaborazione di Brusca nel contrasto alla mafia. Dall’altra, resta forte lo sdegno morale per la liberazione di un uomo che ha incarnato il volto più crudele della criminalità organizzata.
Tra memoria e legge, la vicenda di Brusca continua a interrogare l’Italia: è giusto che un assassino seriale, artefice di una delle stragi più atroci della storia del Paese, torni a vivere libero, seppure nascosto? La risposta, per molti, rimane ancora dolorosamente aperta.
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