Pd, Renzi telefona ad Emiliano: si tenta di evitare scissione


ROMA - Spiragli di dialogo tra Matteo Renzi e Michele Emiliano a solo un giorno dall'assemblea Pd. Secondo quanto è stato riferito da fonti della minoranza Dem, il governatore pugliese avrebbe ribadito durante una telefonata al segretario la richiesta di non fissare il congresso subito ma tenerlo dopo le amministrative di giugno, per chiuderlo a fine settembre o ottobre.

Emiliano lo avrebbe anche rassicurato del fatto che se il Pd dovesse perdere le comunali, la minoranza non addosserebbe a lui la colpa: il Pd arriverebbe con spirito unitario alla sfida per la leadership di ottobre.

Il governatore avrebbe inoltre spiegato all'ex premier che l'idea di spostare il congresso nasce dalla preoccupazione per la corsa al voto ad aprile.

"RENZI NAPOLEONICO" - "Renzi non è il leader che dà maggiore importanza al gruppo, ma dà importanza a se stesso e al suo punto di vista. E' napoleonico, quindi va incontro inevitabilmente a delle Waterloo. Nel senso che cerca a tutti costi vittorie e rivincite con una spietatezza anche nei confronti di chi ha un punto di vista diverso. Questo secondo me sta pesando". A dichiararlo il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ad Agorà.

Intanto l'ex premier cerca di mediare per evitare lo strappo definitivo con la minoranza del Partito Democratico. Salvare il Pd è ancora possibile, "faccio un appello ai dirigenti: bloccate le macchine della divisione. Non andatevene, venite. Partecipate. Le porte sono aperte, nessuno caccia nessuno, torniamo a parlare di Italia". Lo dice Matteo Renzi in un'intervista in apertura del Corriere della Sera in cui sottolinea che non accetterà "ricatti", che il congresso va fatto, come chiesto dalla minoranza, e che sui tempi "c'è lo statuto". "Io voglio evitare qualsiasi scissione", afferma l'ex presidente del Consiglio. "Se la minoranza mi dice: o congresso o scissione, io dico congresso. Ma se dopo che ho detto congresso loro dicono 'comunque scissione', il dubbio è che si voglia comunque rompere. Che tutto sia un pretesto. Toglieremo tutti i pretesti, tutti gli alibi. Vogliono una fase programmatica durante il congresso? Bene. Ci stiamo".

"In America c'è Trump, l'Europa rischia di sgretolarsi se vince la Le Pen, i grillini sono alti nei sondaggi nonostante gli imbarazzanti risultati di Roma, Berlusconi e Salvini sono pronti a riprendersi la scena. Domando: chi ci va dai militanti della Festa dell'Unità a spiegare perché si deve rompere il Pd?", si chiede. Sui tempi del congresso Renzi sottolinea che non è lui a decidere: "C'è uno statuto. Ci sono delle regole". Il Pd, rimarca, "non è un partito personale, ma essere un partito democratico significa accettare anche il dibattito. Il confronto. La democrazia interna. La minoranza deve sentirsi a casa. Ma sentirsi a casa non significa che o si fa come dicono loro o se ne vanno". Quanto al voto, dice, "non sarò io a decidere la data, non sono più il presidente del Consiglio, deciderà il presidente della Repubblica, sulla base della situazione politica". E Gentiloni "merita il nostro sostegno sempre, non 'provvedimento per provvedimento' come sosteneva qualcuno fino a qualche giorno fa". Renzi risponde anche a una domanda sulla notizia del padre indagato per traffico di influenze nell'inchiesta Consip esprimendo "fiducia totale nella magistratura".

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