Renzi: "Le università devono tornare ad essere un magnete per le intelligenze"

"L'appello dei vincitori dei finanziamenti europei che oggi lavorano all'estero è qualcosa di più e di diverso da una sveglia o da un richiamo. È un'ipotesi di cammino condiviso. E il governo sta dimostrando che ci sta. Lo dico non solo perché ci credo, ma perché all'estero (ad esempio in Cile, nell'osservatorio di Cerro Paranal, o al Cern, guidato oggi da una grande italiana come Fabiola Gianotti) o in Italia (nei laboratori nazionali del Gran Sasso) ho incontrato tanti ricercatori e scienziati come i firmatari della proposta uscita l'altroieri su Repubblica. Tutti con la stessa passione, spesso le stesse difficoltà, ma con la stessa testarda voglia di portare Italia nel mondo e mondo in Italia per studi che valgono il futuro di tutti noi" ha dichiarato il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in una lettera su 'la Repubblica', rispondendo all'appello dei ricercatori che emigrano all'estero perche' in Italia non si valorizzerebbe il merito "Nell'appello vengono identificati con grande lucidità i problemi della scarsa attrattività del sistema universitario e della ricerca nel nostro Paese. Nelle scorse settimane, si è parlato molto del fatto che su 30 vincitori italiani di Consolidator Erc, soltanto 13 abbiano deciso di fare ricerca nel loro Paese. Non ci sono solo problemi, ovviamente. Basti pensare al fatto che sull'università abbiamo portato a 56 milioni le risorse per borse di studio nella Legge di stabilità. Abbiamo rivisto i criteri di accesso alle borse di studio. Abbiamo sbloccato gli stipendi per docenti universitari dopo anni. Abbiamo permesso nuove assunzioni negli atenei e fatto finalmente le nuove classi di concorso. Ma quando ci sono i problemi non vanno aggirati, piuttosto affrontati direttamente. Per questo sulla ricerca non basta spendere di più, dobbiamo spendere meglio. I dati Eurostat che vengono citati per sottolineare il divario con Germania e Francia nella spesa in ricerca tra il 2003 e il 2013 includono sia il settore privato sia il settore pubblico. Se guardiamo, invece, alla sola università, l'Italia ha speso da un minimo dello 0,32% del Pil a un massimo dello 0,37%, la Germania dallo 0,39% allo 0,51%, la Francia dallo 0,38% allo 0,47%. Un gap significativo, ma relativamente più contenuto rispetto alla spesa totale. Un divario che in ogni caso il governo è determinato a colmare, partendo proprio dal nuovo Programma nazionale per la ricerca (Pnr) 2015-2020, su cui abbiamo mobilitato circa 500 milioni di risorse aggiuntive, portando le risorse totali a 2 miliardi e 429 milioni soltanto nel primo triennio. I nostri scienziati e studiosi devono continuare a dare il meglio di sé a casa nostra e in giro per il mondo ed i nostri centri di ricerca, laboratori e università devono tornare ad essere un magnete per le intelligenze e per il futuro di ognuno di noi".

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