
E’ passato oltre un secolo e niente è cambiato. 28 febbraio 2013, Taranto: crolla un ponteggio all’Ilva, alle 5 della notte, in una cokeria e muore un operaio, Ciro Moccia, 42 anni, mentre Antonio Lidi, dipendente di una ditta appaltatrice, resta ferito.
“Ogni giorno – esordisce Anna Colavita, psicologa, psicoterapeuta, analista transazionale - uomini e donne combattono, soffrono, lottano per i propri diritti e bisogni: credo pertanto che oggi, 8 marzo 2013, sia anacronistico continuare a mantenere in piedi il muro della separazione uomo-donna. Siamo esseri umani a prescindere dal sesso e la razza e combattiamo una battaglia comune per i nostri diritti e bisogni”.
Aggiunge la professionista: “Nel mio studio (a Presicce, Lecce, viale Stazione, c/o Physion, t. 339-1425153, info sul sito www.annacolavita.it, n.d.r.) lavoro con le persone e insieme a loro costruisco l’alleanza che significa fiducia, sicurezza, accettazione. Lavoro sia con uomini che con donne. L’ esperienza che costruisco insieme a queste persone mi dà una grande occasione: arricchire il mio punto di vista attraverso le esperienze degli altri. Lavoro, ripeto, con uomini, donne, bambini, omosessuali, bisex, adolescenti, categorie di genere che non utilizzo come etichette: di fronte a me c’è sempre una persona. Siamo prima di tutto persone al di là del sesso e dell’età, dei gusti”.
L’8 marzo (foto di Filomena Giorgino) è l’occasione giusta per riflettere su come si è evoluto, nel XXI secolo, l’epoca dell’hashtag i socialnetwork, delle piazze virtuali e del Grande Fratello, i talent-scout e il tablet il rapporto uomo-donna rispetto ai canoni tradizionali.
Domanda: Lei non vede una differenza tra uomini e donne?
Risposta: “Quando si incomincia un percorso di psicoterapia, c’è un momento importante che lo caratterizza: la definizione del contratto terapeutico con il quale si va a definire qual è l’obiettivo che la persona vuole raggiungere. Un contratto che viene stipulato spesso è il seguente: voglio imparare ad ascoltare e soddisfare i miei bisogni e sentirmi bene. Questo contratto viene richiesto in egual misura sia da uomini che da donne”.
D. E qual è la sua idea rispetto a questa diciamo così parità?
R. “Che a prescindere dal sesso abbiamo tutti lo stesso desiderio: affermarmi per quello che sono, accettarmi e sentirmi accettato per ciò che sono, riconoscermi il diritto di poter soddisfare i miei bisogni”.
D. Quindi i “nemici” delle donne non sono gli uomini, e viceversa?
R. “Esatto. Se continuiamo a farci la 'guerra' in casa tra marito e moglie, tra fidanzato e fidanzato, continuiamo a fare la guerra tra poveri. Se proprio vogliamo trovare un <nemico>, credo che siano i modelli culturali che ci hanno inculcato: le donne possono piangere, devono essere delle brave mogli, delle brave mamme e se il marito le tradisce devono perdonarlo. Gli uomini non possono piangere, però poi possono tradire. In una parola la diversità uomo-donna l’abbiamo costruita noi dando forza ai concetti e ai modelli culturali. Ma se puliamo il campo da preconcetti ci assomigliamo tanto nei desideri che nelle emozioni. Voglio dire è vero che il modello educativo prevede che ai maschietti sin da piccoli si debba insegnare a non piangere, ma questo non significa che gli uomini non sanno piangere, ma solo che hanno più difficoltà a manifestare le proprie emozioni. Come quando si dice che il tradimento fatto da una donna è più grave di quello agito dall’uomo, e che le donne perdonano con più facilità. E’ difficile accettare di essere traditi, e tutti abbiamo difficoltà a perdonare, a prescindere dall’essere uomo o donna”.
D. Cosa pensa della festa dell’8 marzo?
R. “Credo sia una festa commerciale, in quel giorno i fiorai venderanno tante mimose e questo va bene per l’economia. Credo però che si sia perso di visto il significato che le donne dell’epoca hanno dato a questa ricorrenza: non dimenticare che non è giusto che le classi sociali più forti abusino del loro potere, e vedano le classi più deboli economicamente come degli oggetti intercambiali: quelle operaie avevano un nome, dei figli come hanno un nome tutte le persone che ogni giorno oggi muoiono sui cantieri”.
D. La sua analisi è un po’ politica, la sua azione terapeutica ne è influenzata?
R. “Riconoscere e sostenere le persone a ritrovare il diritto di poter esprimere e soddisfare i propri bisogni non è fare politica, ma nutrire un amore sincero verso il genere umano. La psicoterapia non è qualcosa di avulso dalla società. Quando faccio terapia non posso dimenticare che la persona che ho davanti è parte della società, che vive, costruisce e subisce la realtà nella quale è inserita”.
D. Appena sono entrato nel suo studio lei ha detto: per me ogni giorno è 8 marzo. Cosa voleva dire?
R. “Che la nostra festa va bene così, cioccolatini, fiori, mimose sono un modo per esprimere affetto, amore, rispetto e omaggiare le donne, ma che non va fatto solo quel giorno. Le donne hanno il diritto di essere amate e amarsi, rispettate e di rispettarsi ogni giorno, sopratutto se non riescono a farlo e continuano a sopportare abusi, violenza psicologica. E’ il momento di dire basta. Imparare ad amarsi e a rispettarsi: e questo è un messaggio rivolto sia agli uomini che alle donne”.
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