Le autorità kirghise hanno sospeso a tempo indeterminato le operazioni di salvataggio di Natalia Nagovitsyna, l’alpinista russa di 48 anni rimasta bloccata sul Picco della Vittoria (7.439 metri) da undici giorni dopo essersi fratturata una gamba a circa 7.000 metri di quota.
Il 15 agosto ha perso la vita anche l’alpinista italiano Luca Sinigaglia, nel tentativo di raggiungerla e prestarle soccorso. Sul posto sono giunti anche soccorritori italiani, ma le condizioni estreme hanno reso impossibile ogni tentativo.
“La speranza è veramente un lumicino – ha dichiarato a Sky TG24 l’alpinista Agostino da Polenza –. Siamo a 7.200 metri, lei ha una gamba rotta dal 12 agosto e viveri e gas erano limitati. Il tempo, il clima e l’altitudine diventano elementi determinanti che portano al dramma”.
Negli ultimi giorni il maltempo ha reso le operazioni impraticabili: un elicottero di soccorso si è schiantato, un gruppo di alpinisti ha dovuto rinunciare per un grave malore del capospedizione e le temperature notturne, attorno ai -30 gradi, unite a tempeste di neve e forti raffiche di vento, hanno costretto le squadre a fermarsi.
Secondo il portavoce del ministero delle Emergenze kirghiso, Adil Chargynov, “tutti gli alpinisti e gli esperti concordano sul fatto che purtroppo non sia più viva”. A confermarlo anche Dmitry Grekov, responsabile del campo base: “Sappiamo dove si trova, ma è impossibile arrivarci. Nessuno è mai stato evacuato da quell’altitudine manualmente. Servirebbe un elicottero speciale che qui non abbiamo”.
Un destino tragico che richiama quello del marito di Nagovitsyna, Sergei, morto di ictus nel 2021 mentre scalava il Khan Tengri (7.010 metri), la montagna più alta del Kazakistan.
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