Strage di Erba, la Cassazione respinge la riapertura del processo: "Innumerevoli e minuziosissimi elementi di riscontro"


ROMA – Nessuna nuova revisione per il processo sulla strage di Erba. La Corte di Cassazione ha pubblicato oggi le motivazioni della sentenza con cui, lo scorso 25 marzo, ha respinto la richiesta di riapertura avanzata dai legali di Rosa Bazzi e Olindo Romano, i coniugi condannati all’ergastolo per l’eccidio dell’11 dicembre 2006.

Secondo i giudici supremi, il quadro probatorio su cui si fonda la condanna “è costituito da un tessuto logico-giuridico di notevole solidità”, basato su prove forti “per la loro autonoma consistenza” e su “innumerevoli e minuziosissimi elementi di riscontro”.

Le motivazioni, contenute in un documento di 53 pagine redatto dalla quinta sezione penale della Cassazione – presieduta da Rosa Pezzullo, con Elisabetta Maria Morosini come giudice a latere – sottolineano che le nuove prove addotte non scalfiscono la struttura probatoria già emersa nei precedenti gradi di giudizio.

Tra gli elementi centrali ricordati dalla Corte figurano:

  • la confessione dei due imputati, poi ritrattata ma considerata comunque attendibile;

  • appunti manoscritti e scritti inviati a terzi contenenti ammissioni di colpa;

  • la testimonianza di Mario Frigerio, unico sopravvissuto alla strage e testimone oculare;

  • la traccia ematica riconducibile a Valeria Cherubini trovata sull'auto di Olindo Romano.

La richiesta di revisione era già stata respinta dalla Corte d’Appello di Brescia il 10 luglio 2024, e la Cassazione ha confermato integralmente quella decisione, ponendo fine a una battaglia legale durata quasi due decenni.

La strage avvenne l’11 dicembre 2006 a Erba, in provincia di Como. Le vittime furono Raffaella Castagna (30 anni), il figlio Youssef Marzouk (2 anni), la madre Paola Galli (56 anni) e la vicina di casa Valeria Cherubini (55 anni). Il marito di quest’ultima, Mario Frigerio (73 anni), sopravvisse all’attacco ma morì alcuni anni dopo per cause naturali.

Con questa sentenza, la Cassazione mette un punto fermo su una delle vicende giudiziarie più dibattute e mediaticamente esposte degli ultimi vent’anni in Italia.

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