ROMA – La Corte di Cassazione ha confermato la condanna all'ergastolo per Innocent Oseghale, il 36enne nigeriano ritenuto colpevole dell'omicidio, stupro e smembramento del corpo della 18enne romana Pamela Mastropietro, avvenuti il 30 gennaio 2018 a Macerata. Il verdetto è stato depositato oggi, dopo che i giudici hanno respinto il ricorso straordinario presentato dalla difesa, che chiedeva l’annullamento della sentenza e l’esclusione dell’accusa di violenza sessuale.
Il ricorso e le argomentazioni della difesa
La difesa di Oseghale aveva basato il ricorso su presunti errori materiali nella ricostruzione dei fatti. Secondo gli avvocati, il loro assistito non avrebbe ceduto direttamente l’eroina a Pamela e avrebbe avuto un rapporto sessuale consenziente con la ragazza fuori dall’appartamento in cui è stata poi uccisa. La difesa sosteneva inoltre che Pamela sarebbe morta accidentalmente dopo essersi iniettata la droga in casa e che Oseghale avrebbe smembrato il corpo solo per occultarlo, trasportandolo fuori città all’interno di due trolley.
I giudici, tuttavia, hanno ritenuto infondata questa versione, confermando l’impianto accusatorio secondo cui Oseghale ha violentato, ucciso e fatto a pezzi la 18enne. La Procura generale aveva chiesto il rigetto del ricorso e la conferma della condanna all’ergastolo, accolta oggi dalla Corte di Cassazione.
La reazione della mamma di Pamela
Dopo il verdetto, Alessandra Verni, madre di Pamela, ha commentato con amarezza ma determinazione:
"Spero che questa sia la decisione definitiva che conferma l’ergastolo. Io voglio ancora incontrare Oseghale, ho tanto da dirgli, ma questa non deve essere per lui una giustificazione o una strada per avere permessi".
La donna ha sottolineato che l’eventuale incontro in carcere non sarà un atto di perdono: "Da parte sua non vedo nessun pentimento. Questo ricorso, mentre abbiamo firmato il consenso per l’incontro, è stata l’ennesima pugnalata".
Il caso Pamela Mastropietro
Pamela Mastropietro, scappata da una comunità di recupero, fu trovata senza vita e smembrata in due trolley abbandonati nelle campagne di Macerata. La vicenda ha scioccato l’Italia, non solo per la brutalità del crimine, ma anche per le accuse di violenza sessuale e l’occultamento del cadavere.
Oseghale, pregiudicato e tossicodipendente, è stato fin dall’inizio il principale sospettato. La sua confessione parziale – in cui ha ammesso di aver smembrato il corpo – non ha mai convinto gli inquirenti, che hanno ricostruito una dinamica di violenza culminata con l’omicidio della giovane.
Con il rigetto del ricorso, si chiude un ulteriore capitolo giudiziario di un caso che ha lasciato profonde ferite nella società e nelle istituzioni.
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