Russia prossima frontiera

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FRANCESCO GRECO
. MOSCA - C’è anche l’Italia che specula sull’identità sessuale percepita e il gender nella lista dei Paesi inaffidabili, “canaglia”, perduti dal relativismo culturale e morale. Nella blacklist sono 47. Tutta l’Ue meno Slovacchia e Ungheria. Ovviamente gli USA di “Beautiful” ed Epstein e a seguire: Giappone, Corea del Sud, Regno Unito, Ucraina, Montenegro, Svizzera, Albania, Andorra, Islanda, Liechtenstein, Monaco, Norvegia, San Marino, Macedonia del Nord, Australia, Nuova Zelanda, Singapore, Taiwan.

Ironia della sorte: della lista approvata dal governo russo si è saputo nelle stesse ore in cui all’Università Roma Tre era previsto un “Laboratorio per bambin* trans e gender creative” (5-14 anni), voluto dalla comunità Lgbt+, poi depotenziato dai militanti di Provitaefamiglia.

Ora ottenere il permesso di soggiorno per andare in Russia sarà più facile: niente esame di lingua (novità assoluta, in fondo si può anche imparare in loco), né di Storia: della terza Roma si potrà non sapere di Lenin e i Romanov (Santi dal 15 agosto 2000), o una poesia di Puskhin o Majakovskij.

Par di sentire l’eco delle parole di Benedetto XVI incontrando in Vaticano il leader del Cremlino (13 marzo 2007): “Putin è l’ultimo baluardo del Cristianesimo in Occidente”.

E sembra “incartata” nella legge anche l’analisi sui valori tradizionali e spirituali, il ruolo basico della famiglia, le idee su accoglienza e integrazione esposte dalla studentessa italiana (in Relazioni Internazionali) Irene Cecchini il 21 febbraio scorso a Mosca al Forum “Idee forti per tempi nuovi” davanti a un Putin che diligentemente prendeva appunti.

Ne parliamo con Mark Bernardini, giornalista, analista, interprete e traduttore, da una vita in Russia (quando lo abbiamo contattato stava traducendo l’intervento del Ministro degli Esteri della Federazione Russa Sergej Lavrov all’ONU).

C’è dell’enfasi se decodifichiamo questo annuncio come un potenziale snodo epocale?

Non parlerei di enfasi, ma è ovvio che ogni dichiarazione insolita della massima autorità dello Stato venga percepita come una svolta epocale. In fondo, stiamo parlando semplicemente di valori comportamentali naturali per il genere umano, e di provvedimenti anche economici volti ad aiutare lo stato sociale del Paese.

Possiamo incrociare questa news con il progetto annunciato dallo stesso Putin di dare una casa a tutti i Russi entro il 2030? 

Non so da dove salti fuori questa dichiarazione: in Russia, una casa ce l’hanno tutti fin dall’epoca sovietica. Parliamo piuttosto di qualità della vita, che vuol dire anche avere uno spazio di metri quadri minimo per ogni abitante. Ecco perché l’edilizia è uno dei settori che vanno per la maggiore, con molte categorie a cui la casa viene assegnata gratuitamente o a condizioni accessibili, attraverso mutui agevolati. Giova ricordare che, contestualmente, edilizia significa anche nuovi posti di lavoro.

E in che modo potrebbe interagire con gli scenari di guerra, Operazione Militare Speciale e Gaza e Libano sotto assedio di Israele?

Distinguerei questi differenti scenari di guerra. L’operazione militare speciale coinvolge un Paese confinante che, tramite un colpo di Stato parafascista orchestrato da NATO e Washington, minaccia direttamente l’integrità della Russia e stermina una popolazione storicamente russofona. Gli attacchi israeliani alla Palestina e al Libano, armati sempre da Washington, sono invece un palese genocidio. Facciamo un parallelo col terrorismo, che in Italia era ben conosciuto. Se per ammazzare qualcuno (Moro, per esempio) si facevano svariate “vittime collaterali” era un’infamia per la quale tuttora non c’è perdono né proscrizione. La logica di chi ha organizzato Piazza Fontana, Piazza della Loggia, il treno Italicus, la stazione di Bologna, il treno di Natale era totalmente diversa: colpire volutamente nel mucchio, per seminare terrore e senso di impotenza. Quello che invece accomuna il Donbass, la Palestina e il Libano è la volontà deliberata di colpire un popolo per razza, lingua, cultura, religione. Per nulla diverso da quanto perpetravano i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Ecco perché parlo di genocidio.

Quindi si potrà emigrare in Russia non solo per la sua impermeabilità a ogni relativismo culturale ed etico, ma anche per lavoro: lo stesso Putin dice che mancano alcuni milioni di lavoratori nel settore delle costruzioni, in cui un architetto italiano, Lanfranco Cirillo, riveste un ruolo importante…

Anche qui, farei una serie di distinguo. La statistica ci dice che, a spanne, a fronte di una popolazione di oltre 150 milioni, e dunque di un centinaio di milioni di abitanti in età lavorativa, la disoccupazione è gradualmente scesa allo 0,5%. In termini assoluti parliamo di una mezza milionata. Chiunque sia competente in materia, sa che organicamente è impossibile scendere ulteriormente. Contemporaneamente, mancano circa cinque milioni di mano d’opera qualificata. Ha quindi scarsa rilevanza che siano lavoratori autoctoni o stranieri, oltretutto in un Paese in cui, storicamente, è presente una forte migrazione che trent’anni fa potevamo considerare come interna, e cioè dai rimanenti Paesi ex sovietici. E’ vero, spesso parliamo di lavoratori che per cultura e religione sono diversi dai russi, ma questo è un Paese multietnico e pluriconfessionale da almeno un migliaio di anni. Francamente, a me come a qualunque altra persona normale interessa poco se il proprio vicino di pianerottolo è musulmano o buddista, asiatico o caucasico, basta che non delinqua e non faccia casino. E, d’altro canto, se delinque e fa casino, se è slavo e cristiano ortodosso non importa a nessuno. Finalmente, per la faccenda dell’architetto italiano. Come prevedibile, nei media italiani si sono lette molte versioni fantasiose e scarsamente professionali. Si diceva che tale architetto italiano sia stato nominato a capo della più importante banca di Stato. Primo, la banca in questione è lo Sberbank, la vecchia Cassa di Risparmio di epoca sovietica fondata nel 1841, nel regime zarista. Secondo, il capo, e cioè il presidente ed amministratore delegato, continua ad essere German Gref (ministro dello sviluppo economico vent’anni fa). Terzo, lo Stato detiene in essa il 50%, anche se proprio Gref vorrebbe ridurre la partecipazione statale al 25%. Quarto, ed è il punto più importante. Da tempo lo Sberbank non è più una semplice banca ma un conglomerato, un complesso ecosistema di cui fanno parte mediaholding, vendite per corrispondenza (marketplace), assicurazioni, telemedicina, farmacie, consegne alimentari. Recentemente, hanno aperto un dipartimento tematico dedicato alle costruzioni. Come vicepresidente del dipartimento, hanno nominato un architetto italiano. Nulla di più, nulla di meno.

Ma non c’è già un quartiere, Sepurchov, che ospita gli stranieri alla periferia di Mosca?

Mosca da sola conta quasi 15 milioni di abitanti, più di tutto il Belgio messo insieme, più di tutta la Lombardia. Serpuchov si trova ad un centinaio di chilometri in provincia di Mosca e conta poco più di 100.000 abitanti. Tra questi, il 94,71% sono russi, l’1,60% ucraini, lo 0,53% tartari, lo 0,50% armeni, lo 0,44% bielorussi, lo 0,34% uzbeki, lo 0,26% azeri, lo 0,19% moldavi, lo 0,21% osseti, lo 0,18% tadžiki, lo 0,11% mordvini, l’1,16% di altri gruppi etnici. L’8,14% della popolazione non indica la propria appartenenza. La somma non fa 100, perché qui i matrimoni misti fanno parte della normalità. D’altronde, io stesso sono per metà italiano, per un quarto russo e per un quarto ebreo, nato in Cecoslovacchia. Tutto ciò premesso, è ovvio che qualunque megalopoli del mondo sia piena di paesini dell’hinterland (ora si chiama “città metropolitana”) da cui i lavoratori pendolari la mattina si recano in città e tornano a casa la sera. Generalmente, ciò riguarda in tutto il mondo la mano d’opera meno qualificata e perciò meno abbiente. Mosca non fa eccezione.

Cosa potrebbe succedere adesso?

Questa è una domanda dalle mille pistole. Non faccio il veggente, il divinatore o il rabdomante. Sono abituato ad analizzare i dati reali, le cifre concrete. E la modernità ci ha ormai abituati che le ipotesi più improbabili e complottiste possono inaspettatamente realizzarsi. Ancora nel 1990, se qualcuno ci avesse detto che di lì ad un anno si sarebbe sciolta la monolitica Unione Sovietica e tutto quel che è accaduto nei trent’anni successivi, difficilmente gli avremmo creduto. Continuiamo a studiare, ritengo che sia molto più utile e produttivo.

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