Bettino Craxi, 17 anni dopo, ricordando l'ultimo vero gigante delle istituzioni

(Foto WIKIPEDIA)

di MIRKO CANTORE - 17 anni fa, dall'esilio forzato in Tunisia ci lasciava l'ultimo vero gigante delle istituzioni. Con lui veniva frettolosamente archiviata la Prima Repubblica. Bettino Craxi era figura carismatica e monumentale; contraddistinto caratterialmente da timidezza, riuscì nella impresa di portare lungamente al governo il più antico partito di massa dell'occidente. Uomo moderno e lungimirante, fu travolto dalle inchieste giudiziarie che cancellarono e annientarono un'intera classe dirigente.
Come Scipione con Cartagine, la magistratura demolì le istituzioni politiche del tempo, spargendoci del sale, tanto che nulla più riuscì a germogliare sulle ceneri di quella stagione politica.
Ogni ricordo del grande leader di sinistra lo lascio a chi ha avuto l'onore di condividerne il cammino, ho 31 anni e poco ricordo di quella straordinaria stagione politica, che portó l'Italia tra le elette superpotenze della Terra. Quello che è rimasto tra i ricordi della mia generazione è il lancio delle monetine (e di qualsiasi altro oggetto) all'uscita di Bettino Craxi dall'Hotel Raphael. Era il 30 aprile 1993. Le inchieste del pool di Milano erano ormai alla mercé di ogni tg e l'opinione pubblica era spinta dalle nuove forze antisistema e da alcuni partiti storici a seguitare i ladri e corrotti che avevano sfregiato la nostra pudica nazione. Era sera e una folla inferocita si era radunata dinanzi all'Hotel, spinta alla protesta dai giudizi sommari che la TV del tempo iniziava a celebrare. Si saltava come in curva alla stadio, al grido di "Craxi ladro" e "chi non salta è socialista". Ormai era deciso : i socialisti sono tutti ladri e Craxi ne è il grande ispiratore. La folla montava sempre più, si vivevano momenti di tensione e il cordone delle forze dell'ordine dovette evitare ulteriori nervosismi. Quando arrivò il momento di lasciare l'hotel, raccomandarono a Craxi di uscire dal retro, la folla di nulla si sarebbe accorta, nessun insulto avrebbe ascoltato, niente lo avrebbe colpito. Bettino Craxi decise di uscire dall'ingresso principale e di affrontare la folla. Il resto è storia. Alla sua uscita, la folla fu presa da delirio collettivo e iniziò a lanciare qualsiasi cosa, comprese le famose monetine. Il ricordo di questo gesto, la voglia di affrontare la folla nonostante il clima e le conseguenze, è il mio personalissimo contributo per celebrare la grandezza di un uomo che abbiamo troppo in fretta identificato come il capro espiratorio di tutti i mali del Paese. In quella Lancia Thema, colpita dagli oggetti scagliati dalla folla, entrò l'ultimo simbolo di una stagione formidabile per la politica italiana. Un'uscita di scena drammatica come si deve alle grandi personalità, nel bene e nel male, ma che ha il merito di spingere le nuove generazioni a valutare con più attenzione quanto avvenuto. Noi trentenni siamo figli del popolo delle monetine: ci hanno insegnato che Craxi era un ladro, la DC era il braccio politico della mafia, il partito socialista era una consorteria dedita a togliere il pane agli italiani.

Rivalutiamo quanto avvenuto, fermiamoci un attimo a riflettere e arriviamo a conclusioni meno affrettate rispetto ai giudizi sommari del tempo. La politica ha perso una classe dirigente efficiente e preparata, che poteva concorrere a formarne una nuova e migliore. Invece ci hanno preparati all'odio, alla denigrazione, al giustizialismo, alla derisione dell'avversario. Atteggiamenti che ci allontanano irrimediabilmente dalla concezione più alta della politica.

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