Gentiloni: "UE ha capito: dramma è di tutti"

«Nelle ore in cui si scopriva la tragedia ero a Vienna, per un vertice di Europa e Balcani. Bastava guardare in volto i colleghi per capirlo: siamo tutti coinvolti. Fino a poco tempo fa c’era l’idea che fosse solo un’emergenza italiana e greca, nelle ultime settimane si è diffusa la consapevolezza che il problema investe l’Europa intera». Lo dichiara il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, in un'intervista al quotidiano "La Repubblica" in merito ai 70 migranti trovati morti in un tir in Austria.
«Queste tragedie si devono evitare. Noi ci stiamo lavorando da un anno e mezzo, con operazioni di ricerca e soccorso in mare, abbiamo salvato oltre centomila vite umane - aggiunge -. L’Italia è additata ad esempio dalla comunità internazionale. E ora alle operazioni nel Mediterraneo partecipano assetti navali di altri Paesi. Ma anche se si salvano centomila vite umane, non sempre siamo in grado di salvare tutti». La tragedia del camion «indica che l’emergenza è ormai un problema europeo. Eventi tragici del genere si ripetono con troppa frequenza quasi ogni giorno in Macedonia», sottolinea il ministro, che aggiunge: «L'Italia fa la sua parte e, come ha ribadito anche la cancelliera Merkel, Roma e Berlino spingono perché tutti i punti in agenda siano rispettati. Negli ultimi due mesi la percezione è cambiata in modo significativo. Anche governi che avevano resistito al principio della distribuzione dei rifugiati, come quelli di Austria e Slovenia, stanno modificando le posizioni».
«Sia Renzi che la Merkel hanno scandito un messaggio forte e chiaro: la democrazia, la civiltà e l’economia europea non possono essere ostaggio di minoranze di destra, o dell’idea che chi cavalca la paura possa incassarne i dividendi elettorali - spiega ancora Gentiloni -. Ci sono tre passi molto semplici che l’Europa deve fare: 1) prendere consapevolezza del carattere permanente - per almeno 10-15 anni - e da certi punti di vista persino necessario delle migrazioni, che ovviamente vanno regolate. 2) lavorare sulle cause: a novembre ci sarà un vertice a Malta di Europa e Africa per mettere in pista investimenti e progetti nei Paesi di transito e in quelli in crisi. 3) cambiare registro sulle regole e sulle politiche di accoglienza».
Quanto al trattato di Dublino, «bisogna modificare norme concepite 25 anni fa, introducendo gradualmente un concetto rivoluzionario: i migranti non entrano più in Italia, in Grecia, in Ungheria, o dove la geografia o la sorte li fanno arrivare, ma in Europa. E questo vuol dire che serve in prospettiva un diritto d’asilo europeo valido per tutti i Paesi. Dev’essere l’Unione a definire quali sono i Paesi cosiddetti sicuri, e quali invece quelli alla cui popolazione è garantita una tutela internazionale».

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