"Più diritti agli islamici in carcere per evitare che passino alla Jihad"

ROMA. «Far sì che il rispetto dei diritti dei detenuti di religione islamica, oltre che doverosa applicazione dei principi costituzionali, sia anche strumento per prevenire la radicalizzazione e il reclutamento fondamentalista; una via per contrastare il proselitismo di chi ci vede come nemici dell’Islam». È l'obiettivo del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Il Guardasigilli ne ha parlato in un'intervista al Corriere della Sera in edicola oggi.

«Premesso che stiamo operando per diminuire il numero dei detenuti trasferendoli nei Paesi d’origine, bisogna fare di più - spiega Orlando -. L’effettiva tutela dei diritti fondamentali dell’individuo in generale, e nel carcere in particolare, è un elemento primario di contenimento del rischio di radicalizzazione. Anche perché abbiamo sperimentato l’esempio contrario: vicende come quella di Guantanamo dimostrano che, come sostenuto dall’indagine del Senato Usa, misure estreme, oltre a violare i diritti fondamentali delle persone, non sono di ausilio effettivo nella lotta al terrorismo globale ma rischiano di alimentarlo». «Alcuni autori dei gravissimi attentati che si sono verificati di recente, a Parigi come a Copenaghen, hanno visto nascere o crescere il loro estremismo proprio nelle prigioni, dove si sono probabilmente rafforzati i rapporti con organizzazioni radicali e violente», sottolinea il ministro, per il quale la risposta è «garantire e far rispettare i diritti, la cui negazione è il primo presupposto del reclutamento radicale. Impedire la pratica legittima del culto religioso significa innescare una vera e propria bomba. Allo stesso tempo, però, bisogna evitare che le pratiche di gruppo diventino un mezzo di proselitismo che alimenti il pericolo. La linea di confine è molto sottile, bisogna essere attenti e bravi. Per questo ci stiamo impegnando anche a tessere rapporti con le comunità islamiche e a inserire nel circuito il maggior numero possibile di mediatori culturali».

Nelle carceri «registriamo atteggiamenti ostili e conflittuali di detenuti di origine musulmana, che non dobbiamo generalizzare. Non tutti coloro che protestano, anche in maniera sbagliata o illegale, sono potenziali terroristi. Tuttavia monitoriamo ogni segnale e siamo in grado di intervenire con fermezza».

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