BARI - Ottobre è il mese della transizione, in cui l’aria si fa più fresca e i colori si accendono di tonalità calde e avvolgenti. Eppure, mentre le giornate si accorciano, gli scaffali dei supermercati sembrano correre incontro al futuro: accanto ai dolci autunnali compaiono panettoni e torroni, e il profumo del Natale sembra voler anticipare i tempi. È l’immagine di una modernità che tende a comprimere le stagioni, annullando quella naturale alternanza che un tempo dettava il ritmo della vita e delle tradizioni.
Eppure, la tradizione è fatta anche di lentezza, di attesa, di un rispetto quasi rituale per i tempi della natura e delle festività. Come spiega Annamaria Chirico, proprietaria dell’omonima azienda di grano cotto per pastiera: “La tradizione è come una melodia che cambia con le stagioni. Se la suoni troppo presto, perde il suo ritmo naturale. Ogni festa ha il suo profumo, e va vissuta nel momento giusto”.
L’anticipo delle stagioni: tra modernità e nostalgia
Da anni, l’anticipo delle stagioni è diventato un tratto distintivo della nostra epoca: a inizio ottobre, sugli scaffali convivono zucche di Halloween e panettoni, torrone e caramelle, in un caleidoscopio di richiami che confonde i confini del tempo. È un fenomeno che risponde alle esigenze del mercato e alla voglia collettiva di “sentire aria di festa” prima ancora che arrivi. Tuttavia, questa corsa all’anticipo rischia di erodere il senso autentico dell’attesa, quel valore intangibile che rende la tradizione un’esperienza, e non solo un consumo.
Un tempo, il torrone segnava la transizione tra l’autunno e l’inverno, il passaggio dalle giornate fresche di ottobre al calore delle festività di dicembre. Oggi, il suo sapore resiste come simbolo di un passato che invita a rallentare. Come ricorda Annamaria Chirico: “La fretta moderna ci fa dimenticare che i sapori hanno bisogno del loro tempo. Il torrone appartiene all’autunno: è un ponte tra le giornate fresche di ottobre e il calore delle feste di dicembre”.
La stagionalità, nelle sue forme più autentiche, è la lente attraverso cui leggere la nostra cultura gastronomica. Ogni prodotto ha una sua storia, un periodo dell’anno in cui trova il suo apice, un legame con i profumi e i colori che lo circondano. Rispettare la stagionalità significa rispettare la memoria di un popolo, i suoi gesti, la sua identità. La pastiera, simbolo per eccellenza della primavera partenopea, o il torrone autunnale, sono esempi di come le tradizioni dolciarie si intreccino con il ritmo naturale del tempo. “Ogni prodotto ha un’anima che nasce da un periodo preciso. La tradizione non è nostalgia, è rispetto. Quando preparo un dolce, penso sempre alla stagione in cui nasce: solo così conserva il suo sapore autentico”, spiega ancora Annamaria Chirico.
Le botteghe e il valore della selezione consapevole
Se la grande distribuzione ha il merito di rendere accessibili i prodotti a tutti, le botteghe rappresentano invece un presidio di autenticità, luoghi in cui le stagioni si raccontano attraverso i profumi e i sapori del momento. Ogni mese cambia la vetrina, e con essa il racconto del territorio. È un modo diverso di vivere il cibo: non come semplice acquisto, ma come incontro con la tradizione.
“Le botteghe raccontano le stagioni come un libro aperto. Ogni volta che entro in una, sento l’odore del tempo che cambia. È questo che rende viva la tradizione”, afferma Annamaria Chirico, che da sempre valorizza il legame tra il prodotto e la sua origine.
La tradizione non è solo memoria, ma identità collettiva. È l’insieme di rituali, gesti e sapori che definiscono chi siamo, anche quando il tempo accelera e il mondo cambia. Rispettare il ritmo delle stagioni significa riscoprire il valore della consapevolezza e la bellezza della lentezza. Come ricorda Annamaria Chirico: “La tradizione non è mai ferma. Si rinnova ogni anno, ogni stagione, ma resta fedele a se stessa. È come un dolce che sa di famiglia, di casa, di tempo che ritorna”.
E forse è proprio in questo ritorno che risiede un ciclo che si ripete, ma che ogni volta profuma di nuovo.
Se la grande distribuzione ha il merito di rendere accessibili i prodotti a tutti, le botteghe rappresentano invece un presidio di autenticità, luoghi in cui le stagioni si raccontano attraverso i profumi e i sapori del momento. Ogni mese cambia la vetrina, e con essa il racconto del territorio. È un modo diverso di vivere il cibo: non come semplice acquisto, ma come incontro con la tradizione.
“Le botteghe raccontano le stagioni come un libro aperto. Ogni volta che entro in una, sento l’odore del tempo che cambia. È questo che rende viva la tradizione”, afferma Annamaria Chirico, che da sempre valorizza il legame tra il prodotto e la sua origine.
La tradizione non è solo memoria, ma identità collettiva. È l’insieme di rituali, gesti e sapori che definiscono chi siamo, anche quando il tempo accelera e il mondo cambia. Rispettare il ritmo delle stagioni significa riscoprire il valore della consapevolezza e la bellezza della lentezza. Come ricorda Annamaria Chirico: “La tradizione non è mai ferma. Si rinnova ogni anno, ogni stagione, ma resta fedele a se stessa. È come un dolce che sa di famiglia, di casa, di tempo che ritorna”.
E forse è proprio in questo ritorno che risiede un ciclo che si ripete, ma che ogni volta profuma di nuovo.

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