Roma, brutale aggressione su un autobus: quattro giovani indagati per odio razziale


ROMA - Un'aggressione feroce, gratuita, dettata da odio. Una vicenda che scuote e costringe a riflettere su quanto ancora l’intolleranza possa trasformarsi in violenza cieca, soprattutto tra i più giovani.

È la notte del 6 aprile 2024, a bordo di un autobus notturno della linea N201 che attraversa il cuore della Capitale. Un ragazzo di 25 anni, cittadino libico, sta viaggiando da solo. Non sa ancora che di lì a poco diventerà vittima di una brutale aggressione.

Quattro giovani italiani, tra i 19 e i 21 anni, salgono sul mezzo. Individuano la loro “preda”, lo circondano e lo iniziano a provocare con insulti razzisti, frasi pesantissime come «negro di m… ti uccido» e «so dove abiti, vengo a casa tua». Lo minacciano, lo intimidiscono, spaventano chi cerca di intervenire. Poi lo aggrediscono fisicamente, tutti insieme. Calci, pugni, sputi. Per oltre trenta secondi. Infine, gli rubano il telefono e l’orologio.

Ma non basta. Quando l’autobus si ferma, scendono, poi risalgono con una furia ancora più feroce per colpire di nuovo il giovane, già a terra e ferito.

Una violenza agghiacciante, ripresa dalle telecamere installate sull’autobus e confermata dalle testimonianze dell’autista e di altri passeggeri. Un attacco non solo fisico, ma anche profondamente simbolico: contro un individuo solo, straniero, indifeso. Perché nero. Perché diverso.

I Carabinieri della Stazione di Roma Quirinale, subito intervenuti su segnalazione al 112, hanno avviato un'indagine meticolosa, riuscendo in poche settimane a ricostruire la dinamica, identificare i responsabili e accertare il movente razziale dell’aggressione. Da lì, la richiesta della Procura e le misure cautelari decise dal giudice: arresti domiciliari con braccialetto elettronico per uno dei ragazzi, obbligo di dimora e divieto di uscita notturna per gli altri tre.

Si tratta, è bene ricordarlo, di misure disposte in fase di indagine: i quattro giovani sono indagati e considerati innocenti fino a sentenza definitiva. Ma il quadro accusatorio è pesante, supportato da numerosi elementi.

Oltre alle ferite fisiche riportate dalla vittima – fratture multiple che lo hanno costretto al ricovero – resta lo squarcio aperto nella dignità di una persona aggredita solo per il colore della pelle. Un episodio che, se confermato, racconta un’Italia ancora troppo intrisa di pregiudizio, dove l’odio può nascere per futili motivi, diventare branco e scoppiare all’improvviso.

Ed è proprio questo aspetto che inquieta di più: la normalità dell’odio, l’assenza di freni inibitori, la mancanza di empatia. In un luogo pubblico, di notte, su un autobus affollato, quattro ragazzi si trasformano in aggressori, convinti della propria impunità.

Ora toccherà alla giustizia fare il suo corso. Ma alla società, alle famiglie, alla scuola e alla politica il compito – urgente – di interrogarsi. Perché il razzismo non è un problema “degli altri”. È un virus che può annidarsi ovunque, e che va disinnescato prima che esploda. Anche quando si presenta con il volto inconsapevole di quattro ragazzi poco più che maggiorenni.

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