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Secondo diversi testimoni, anche nei giorni precedenti, le forze israeliane avrebbero aperto il fuoco sulla folla in cerca di beni di prima necessità. Tuttavia, la situazione resta confusa: la Ghf (Gaza Humanitarian Foundation) – sostenuta da Stati Uniti e Israele e subentrata alle agenzie delle Nazioni Unite come principale ente per la distribuzione degli aiuti – ha accusato Hamas di fomentare i disordini per fini propagandistici e di destabilizzazione.
Mentre nella Striscia continuano i combattimenti e la popolazione civile paga il prezzo più alto, in Israele monta la pressione popolare: decine di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza ieri sera a Tel Aviv e in altre città con striscioni e slogan, chiedendo un accordo immediato per lo scambio tra ostaggi israeliani detenuti da Hamas e prigionieri palestinesi detenuti in Israele.
Il malcontento cresce anche all’interno del governo israeliano, diviso tra l’ala più oltranzista, che si oppone a ogni concessione, e chi – sotto la pressione dell’opinione pubblica e delle famiglie degli ostaggi – invoca un compromesso immediato per salvare le vite ancora in gioco.
La situazione umanitaria a Gaza intanto resta drammatica: scarseggiano cibo, acqua potabile, medicinali e rifugi sicuri. Le agenzie internazionali e le organizzazioni umanitarie lanciano appelli urgenti per garantire corridoi umanitari sicuri e per evitare ulteriori stragi tra i civili.
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