ROMA - La Fase 2 e' iniziata, ma l'introduzione di meccanismi di contact tracing nella strategia nazionale sembra tardare il suo ingresso ufficiale. Cosi', c'e' chi ha pensato di provvedere autonomamente a dotarsi di meccanismi tecnologici di prevenzione, non senza destare scalpore. È il caso di una scuola dell'infanzia paritaria nel Varesotto, che ha acquistato dei braccialetti anti-Covid 19 in previsione della ripresa della didattica in classe. I dispositivi saranno indossati da bambini di eta' compresa tra i 4 e i 6 anni, ma anche dalle maestre e in generale da tutto il personale per facilitare il rispetto del distanziamento sociale.
"Per avviare queste iniziative - commenta l'avvocato Andrea Lisi - occorre operare sempre un bilanciamento degli interessi in gioco e informare correttamente i genitori, non tanto i bambini. Giusto che per loro sia un gioco, ma corretto anche far comprendere in trasparenza i dettagli tecnici dell'app che sta dietro questa operazione che puo' comunque rivelarsi utile nella lotta al virus".
Secondo l'esperto di Diritto informatico, interpellato proprio sull'ultima novita' del braccialetto hi-tech che vibra se si
oltrepassa la distanza di sicurezza di un metro e tramite un
software tiene traccia dei contatti avvenuti, "la tecnologia puo'
essere un'ottima alleata nel nostro Sistema Paese per combattere
la pandemia, ma occorre avere un atteggiamento responsabile e
trasparente verso tutti i cittadini in modo che siano coinvolti sin dall'inizio nell'avvio di questi progetti. Magari si fosse fatto cosi' con l'app Immuni...".
"A tale proposito - prosegue l'avvocato Lisi - l'app di contact
tracing nazionale, Immuni, a seguito delle polemiche di questi
giorni, rischia di essere lanciata in un clima di diffidenza, un
fattore non trascurabile dal momento che sara' scaricata su base
volontaria e che per funzionare efficientemente avra' bisogno di
essere molto diffusa. Del resto - specifica l'esperto - sapevamo
tutti che l'adozione di una soluzione nazionale di questa portata
avrebbe comportato un grosso impatto per i diritti e le liberta' dei cittadini. A questo si aggiunga un'azione politica opaca e giuridicamente poco solida. Mancano all'appello risposte nette in
merito alle scelte effettuate, alla loro efficacia, alla strategia. In particolare, sulle tante ombre legate al percorso che ha portato alla scelta dell'app Immuni, dal ministro Paola Pisano non e' pervenuta alcuna risposta. Non ci si puo' non chiedere se abbia ancora senso continuare a portare avanti un'azione simile".
Sulle risposte non pervenute dalla ministra Paola Pisano, proprio l'avvocato Lisi, insieme ai colleghi Enrico Pelino e Fulvio Sarzana di Sant'Ippolito, ha indirizzato alla titolare del dicastero per l'Innovazione e la digitalizzazione una lettera come Anorc (Associazione Nazionale degli Operatori e Responsabili della Custodia dei contenuti digitali) per chiedere chiarezza su alcuni punti della strategia finora annunciata. Decine tra magistrati, docenti, giornalisti ed esperti di settore hanno poi sottoscritto l'appello inviato la scorsa settimana dall'associazione.
"Alla luce di tutto questo - spiega Lisi - considerato che incredibilmente non e' pervenuta alcuna risposta alle tante
domande poste da associazioni, accademici, esperti, societa'
civile, non ci si puo' non chiedere se abbia ancora senso continuare a portare avanti una scelta politica di questa portata. Si tratta di un'azione che meriterebbe una trasparenza ineccepibile e scelte nette, ci si ciede pertanto se non sia utile per la ministra Pisano considerare sin da subito un doveroso passo indietro". L'esperto, insieme all'avvocato Fulvio Sarzana, lo chiede in un articolo pubblicato ieri su agendadigitale.eu, in cui i due autori rilanciano una serie di domande, commentando quanto emerso dalle audizioni del ministro per l'Innovazione e la digitalizzazione, Paola Pisano, e del
commissario straordinario per l'emergenza, Domenico Arcuri,
rispettivamente presso il Copasir e presso la commissione Trasporti della Camera.
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