
È un intrigante poliziesco che dipinge l’Italia fascista nei primi anni ’30 il nuovo capitolo della storia del Delegato Ripamonti dal titolo Lo spazio torbido. L’ultimo romanzo di Simone Cozzi ruota intorno all’omicidio di un medico dalle molteplici identità, tenendo il lettore col fiato sospeso fino all’imprevedibile epilogo. L’indagine fa da sfondo alla contraddittoria figura del protagonista Vittorio Ripamonti, alle prese con una battaglia interiore, fatta di pene d’amore e di continue condanne al regime fascista e all’atteggiamento totalitario che avanza. La solitudine del Delegato si esplica attraverso il rifiuto dei rapporti umani, questi comporterebbero false aspettative destinate a nascondere solo insidie e delusioni. Il pensiero di condanna politica accomuna anche i dibattiti con i personaggi secondari, incontrati nel corso delle indagini: il regime fascista indebolisce le coscienze attraverso l’identificazione di un comune capro espiatorio. Esso attraverso l’indottrinamento delle masse opprime il pensiero individualistico. Nel corso della vicenda, inoltre, si scorge il clima di terrore che di lì a poco si sarebbe scatenato sotto la tirannia fascista.

La trama si snoda in un avvincente intreccio di false identità che avvolge la misteriosa morte di Giorgio Schmitz, un medico impegnato in un una ricerca sul carbonchio , un batterio letale per l’umanità, accoltellato all’Hotel Principe di Savoia a Milano, ma residente a Mandello del Lario. L’infittirsi delle vicende costringe Ripamonti a doversi confrontare in prima persona con la crudeltà delle forze a servizio del regime e al contempo con una storia che risveglia inquietudini personali. L’irrequietezza di Ripamonti resta il filo conduttore che tiene unite le vicende investigative per la risoluzione del caso. Per lui la continua ricerca dei luoghi in cui predomina l’assenza umana costituisce un effimero rifugio dalle ossessioni interiori: un amore perduto all’improvviso e l’amarezza di una felicità solo assaporata. Si tratta di un uomo dilaniato dal morbo della solitudine come un “cane randagio” ormai estraneo alla compagnia dell’altro, ma al contempo desideroso di quel calore familiare ormai divenuto uno sbiadito ricordo d’infanzia. Una profonda convinzione anima il protagonista: esiste uno “spazio torbido”, un angolo buio all’interno del quale si sprigiona la natura dell’essere, c’è chi cerca di reprimere i demoni che dimorano all’interno di esso e c’è chi invece si lascia trasportare esplorando le vie del male, è solo una questione di scelte. Siamo dinnanzi ad un interessante giallo che intreccia un’indagine intricata all’intenso processo evolutivo del Delegato. Il racconto cattura l’interesse del lettore per il senso critico del suo protagonista, capace di incarnare la condanna al regime con determinazione, senza rinunciare alla sensibilità di chi vede nell’amore e nei sentimenti una gabbia di dolore ma anche l’unica via d’uscita contro la violenza dilagante nella società del tempo. Isabella Molonia.
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