Decreto femminicidio, sociologia da salotto?

di Antonio Negro - Si fa un gran parlare, in questi giorni, del decreto sul femminicidio, e della fretta di approvarlo, tanto che la Presidente Laura Boldrini vuole anticipare la riapertura della Camera per la sua approvazione definitiva.

Vi è stato un gran parlare nei giorni scorsi in Provincia di Lecce per via del fatto di cronaca legato a questo tema, l'omicidio-suicidio della coppia di Taurisano.

Ciò che fa riflettere è il fatto che a caldo, a funerali non ancora terminati, tutti si sono sentiti in dovere di intervenire per proporre interventi e soluzioni a seconda dei punti di vista, mentre a freddo e con più raziocinio, il dibattito si spegne e nessuno offre qualche spunto di discussione, specie gli addetti ai lavori.

E' l'eterno modello italiano, quello di lavorare sulla base dell'emotività  del momento, sull'emergenza continua, in un Paese che non riesce ad andare a regime come tutti i paesi civili avanzati.

Nell'emergenza continua tutti sanno di tutto e si finisce col partorire leggi frettolose che danno più poteri alle Forze dell'Ordine e alla Magistratura, trascurando l'elemento di fondo che è quello socio-culturale in cui la formazione, l'informazione e i servizi assistenziali devono avere un ruolo determinante e fondamentale, perché la parità dei generi si possa raggiungere quanto prima a tutti i livelli, dal centro alle periferie.

Nella nostra terribile vicenda salentina abbiamo assistito alle esternazioni del Presidente dell'Anm, Roberto Tanisi, che ha fatto notare l'impreparazione delle Forze dell'Ordine in questa materia al punto di invitare le vittime di violenza a rivolgersi direttamente alla Magistratura; sul come fare però non ha dato indicazioni.

Per esempio, una donna di paesini lontani da Lecce, e quindi dalla Procura, specie dopo l'accorpamento delle sedi giudiziarie, che dovrebbe fare dopo essere stata pestata? Si mette in macchina, si fa 100 - 120 chilometri e più, tra andata e ritorno, arriva nella sala d'attesa e chiede che cosa? A chi? Tutto questo, ammesso che sappia come funziona una Procura!

Per ironia della sorte, il decreto sul femminicidio che si vuole approvare quanto prima, ha finito col dare ancora più poteri alla Polizia, proprio nel senso inverso a quello di cui sopra. Questi poteri, assieme ad altri conferiti alle Forze dell'Ordine (per esempio sulle armi, sui comizi elettorali in alcune aree del Mezzogiorno e su altro ancora) stanno insediando nel Paese uno stato di regime, subdolo e sottile, che solo gli addetti ai lavori e chi ne subisce le conseguenze riescono a percepire.

Molte critiche vengono mosse al decreto, anche da parte di coloro che si sono battuti per la sua approvazione: movimenti, singoli esperti, giuristi. Non convince il punto in cui si prevede che la vittima, di violenza o di stalking, non possa ritirare la denuncia, venendo così a ledere un chiaro principio di libertà personale; come pure, suscita serie perplessità il fatto di dare troppa importanza alle denunce anonime. Già questo aspetto, dell'anonimato della denuncia, tipico di modelli di società mafiosi o simil-mafiosi, meriterebbe una discussione e un approfondimento tutto particolare, in riferimento alla facilità con cui si ricorre alla delazione nel nostro sistema di vita, per invidia, per vendetta, per mero dispetto, e anche per un malcelato senso di giustizia fai date: a me si e a lui no?  Senza tacere la contraddizione del nostro codice che si serve della segnalazione anonima, ma non la ammette come prova al processo.

Il punto relativo alla flagranza di reato è oggetto di critiche da parte di tutti: non si capisce come le Forze dell'Ordine possano essere presenti al momento della violenza, specie quella familiare. A meno che non si appostino dietro l'uscio e appena sentono qualcosa bussino alla porta; così come succede con la scusa di armi e droga, magari violando il domicilio, e come spesso fanno addirittura anche per le armi regolarmente denunciate, senza mandato del giudice.

Il decreto non è solo oggetto di critiche per gli articoli contestati, ma anche per ciò che non viene previsto: le modalità e gli strumenti con cui raggiungere adeguati livelli di formazione, di informazione e di intervento ai vari livelli istituzionali: scuola, cultura, centri socio-assistenziali, formazione professionale degli addetti ai lavori, comprese le stesse Forze dell'Ordine.

Questi processi passano anche attraverso la riforma delle Forze di Polizia: l'Italia è il Paese delle cento polizie, che spesso lavorano in concorrenza tra loro, con doppioni sul lavoro a danno del risultato, quando sarebbe necessario e sufficiente avere una sola Polizia, con le varie specializzazioni come in tutti i Paesi europei, e non solo europei.

Per quanto riguarda il tema specifico occorre dotare le varie sedi di Polizia, soprattutto nelle periferie, di personale femminile, perché la maggior parte delle vittime di stalking sono donne che subiscono il modello maschile di società, sia in famiglia che fuori, e si rifiutano di andare nelle caserme a denunciare la violenza subìta, perché in quegli uffici trovano lo stesso modello maschile di cui sono vittime. La parità dei generi si conquista anche in questi settori, militari o simil militari, in cui si tarda ancora a dare gli spazi dovuti alle donne.

Se non si incide in questi termini non solo facciamo unicamente sociologia spicciola e da salotto, ma rafforziamo il regime di polizia che ci porta ad uno stato illiberale senza incidere minimamente sui risultati che vogliamo ottenere.

La repressione da sola, infatti, non ha mai portato vantaggi alla società; tanto meno su questioni così delicate e importanti come la parità di genere, l'uguaglianza e il convivere sociale.

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