REGGIO CALABRIA - Un’operazione ad alto impatto è stata condotta dai Carabinieri della Compagnia di Melito Porto Salvo (RC), con il supporto dello Squadrone Eliportato Cacciatori "Calabria", del Nucleo Cinofili di Vibo Valentia e della Compagnia di Desio (MB). Cinque persone, tutte legate da vincoli familiari, sono state arrestate con accuse gravissime: tentato omicidio, detenzione e porto di armi da guerra, traffico di droga e ricettazione.
L’operazione, coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, nasce da un’indagine approfondita scattata dopo un tentato omicidio avvenuto il 9 ottobre 2024 a Montebello Jonico, quando un uomo si è presentato in ospedale con una ferita d’arma da fuoco al collo. Trasferito d’urgenza al G.O.M. di Reggio Calabria, l’uomo è stato ricoverato in Rianimazione. L’immediato intervento dei Carabinieri ha avviato le indagini, che hanno permesso di risalire agli autori dell’agguato.
Armi da guerra e un arsenale nascosto
Le perquisizioni hanno portato alla scoperta di un vero e proprio arsenale occultato nelle abitazioni e nei terreni degli indagati. Tra le armi sequestrate:
- una pistola a tamburo compatibile con quella utilizzata nell’agguato,
- un fucile automatico AK-47 Kalashnikov con matricola abrasa,
- numerose munizioni di diverso calibro, 200 grammi di tritolo e una bomba carta da 1,2 kg.
Sequestrati anche mezzo chilo di cocaina, dal valore di mercato di circa 150.000 euro.
Il movente: un debito di droga
L’indagine ha ricostruito un fiorente traffico di droga, in cui la vittima aveva accumulato un debito nei confronti degli arrestati. Gli scambi venivano comunicati in codice, con espressioni come "un bacino" o "due bacini" per indicare le dosi acquistate.
Depistaggi e omertà
Gli indagati hanno tentato di ostacolare le indagini, spostando armi e imponendo il silenzio ai familiari. Intercettazioni ambientali hanno rivelato ordini espliciti volti a nascondere ulteriori armi da guerra, che potrebbero essere ancora in circolazione.
L’operazione rappresenta un duro colpo alla criminalità organizzata e conferma l’impegno dell’Arma nel contrasto alla delinquenza. Trattandosi di indagini preliminari, resta salvo il principio di presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva.
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