FRANCESCO GRECO - Ora, se anche Prigozin “risorge”, Putin ha
vinto anche la guerra mediatica. Erano
stati dati per trapassati dalle agenzie di
informazione, vere e proprie centrali di
spaccio di fake news dell’Occidente, ma
sono tornati fra i vivi sinora, nell’ordine:
l’ammiraglio Sokolov, capo della flotta
russa sul Mar Nero, il leader ceceno
Kadyrov, il ministro della Difesa Shoigu, il
premier bielorusso Lukashenko, l’oligarca
e viveur Abramovich, l’ex sodale di Mosca
Chubais. List incompleta.
Oltre, ovviamente, allo stesso Putin. Una
fonte assai attendibile, Zelensky, gennaio
‘23, lo dava per morto e accreditava
quello che parla al suo popolo come un
sosia, magari creato dall’AI. A Kiev lo
giuravano e spergiuravano i servizi
segreti: reduci dalla scuola-Broccoletti?
I giornali italiani si erano portati avanti
con il lavoro: senza un esame a Medicina,
così, a spanne, davano allo Zar dozzine di
terribili patologie. Qualche editorialista
democratico, “de sinistra”, gli augurava
addirittura la morte.
Peccato per loro che Putin è un atleta,
da una vita fa molti sport, fra cui arti
marziali e hockey su ghiaccio.
Succede quando si scambiano i desideri
con la realtà, si proiettano i propri
fantasmi sul mondo: il sonno della
ragione può far nascere solo
mostriciattoli.
Format masochistico, che poi si riflette
sui numeri. Abbiamo verificato: nel 2015 il
Corriere della Sera vendeva 375 mila
copie, oggi manco 100mila (incluse quelle
digitali?). Performance peggiori a
Repubblica.
Ma c’è anche un aspetto, come dire,
antropologico: decenni fa si correva in
edicola per sapere come la vedeva
Montanelli, cosa pensava Enzo Biagi, che
diceva Oriana Fallaci. Oggi non si vede
alcuno scattare verso le edicole (ridotte di
due terzi) per abbeverarsi alla sapienza di
Severgnini, Feltri, Sallusti.
Il web fa concorrenza, lo si
neutralizzerebbe con la qualità. Ma
dov’è? Non basta esorcizzarlo dicendo
che è colmo di fake news: forse i giornali
sono oasi di verità canforate?
Il background non è consolante: i tg
italiani nel 2022 spacciarono immagini di
videogiochi per scene di guerra. Ieri
nessuno se ne sarebbe accorto, ma oggi,
con l’informazione spalmata in tutti gli
interstizi del pianeta, si fanno figuracce, ci
vuol poco a divenire gli scemi del villaggio
globale di cui ridono a ogni angolo del
globo.
Non basta controllare i gruppi editoriali.
A volte basta un ragazzo che passa col
cellulare a neutralizzare veline, censure,
mainstream. Com’è accaduto a giugno in
Francia: un passante ha filmato l’omicidio
del 17enne Nahel da parte della polizia,
pochi frame finiti sui social e il fuoco è
divampato da Parigi a Tolosa e Marsiglia.
Magari i media avrebbero censurato
passando la velina della polizia. Macron
ha chiamato gli abitanti delle banlieu
“endentè” (sdentati). Un ripasso di Storia
non gli farebbe male, nell’interesse della
sua nobile testa: da quelle parti non tanto
tempo fa quelle eccellenti rotolarono nel
fango, inclusa quella della regina delle
brioches.
Viviamo tempi di relativismo diffuso e
l’informazione è la prima vittima. Ma
anche la scienza non sta messa bene ed è
finita in un cono d’ombra.
Ricordate la triste processione di bare
dei morti di Covid a Bergamo, 2020? Beh,
erano quelle dei poveri migranti affogati
nel Mediterraneo, aprile 2015, si è scritto
525.
In questi anni orribili abbiamo dovuto
leggere che il premio Nobel (2008) per la
Medicina Luc Montagnier è un
poveraccio, il dottore pugliese Giuseppe
De Donno, che curava e guariva col
plasma, a costo zero per il paziente e il
SSN, un ciarlatano, la 18enne genovese
Camilla Canepa, morta dopo la puntura
affetta da mille patologie (era sanissima).
Su Covid-19, mascherine, vaccini,
lockdown e green pass ognuno la pensa
come vuole, ma siamo tutti arsi da dubbi
e sospetti sul pensiero unico. Ci dicevano:
basta una dose, poi il richiamo, poi il
booster e oggi ancora richiami?
Una scienza che non accetta confutazioni
si trasfigura in religione. Ma il progresso
procede su nuove visioni che demoliscono
le precedenti.
E mentre di cerca di capire come morì
Tutankhamon (XVIII dinastia), le autopsie
che potrebbero dirci qualcosa sono
sempre di là da venire. Una società laica
ha paura della locuzione “eventi avversi”,
esorcizzata da giornali e tg.
Anche così si provoca disaffezione verso
la patria, egoismi, chiusure, indifferenza
verso le istituzioni, assenteismo al voto. In
morte di Napolitano, il tg diceva “omaggio
del popolo”, poi la telecamera si allargava
e… il popolo dov’era?
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