Russia, in approvazione un DDL per il declassamento delle violenze domestiche


del DOTT. ANGELO LAPESA - In questi giorni la Russia sta approvando un disegno di legge che propone il declassamento delle violenze domestiche da reati penali ad illeciti amministrativi. Come dire che chi picchia e maltratta un familiare è assimilabile a chi non paga il canone Rai.

Al di là della ratio sottostante tale proposta, che appare quantomeno discutibile, c’è da chiedersi come questa legge potrà mai integrarsi con il fenomeno del cosiddetto “numero oscuro”, cioè le violenze che avvengono realmente ma non vengono denunciate.

Chiaramente con il termine violenza domestica si annovera un’ampia gamma di comportamenti aggressivi verso un soggetto che si consumano nelle mura domestiche o nella cerchia di conoscenti.

Tali aggressioni possono essere di natura fisica, psicologica, sessuale e verbale; queste azioni singole, qualora dovessero essere reiterate nel tempo, ai danni dello stesso soggetto, diventano veri e propri maltrattamenti. Le conseguenze di chi subisce queste vessazioni sono gravissime: si va dai semplici segni fisici delle percosse a veri e propri disturbi psichiatrici (disturbo post traumatico da stress). E’ importante definire che per violenza si intende qualsiasi atto rivolto contro un soggetto, che lo costringa ad agire contro la sua volontà, modificando coercitivamente la condotta naturale dello stesso.

Parlando di violenza domestica la maggior parte delle volte le vittime sono sempre donne e bambini, gli abusanti invece sono uomini. Alla base di una comportamento violento c’è la volontà di un soggetto di imporsi sull’altro, sfruttando una presunta posizione di dominanza ai danni di chi è in una situazione di sudditanza.

E’ importante sottolineare che non si può operare a priori un identikit di un soggetto abusante e di un soggetto abusato: cambiano infatti ogni volta situazioni economiche, demografiche, culturali, psicologiche e personali, per cui è come se ogni violenza costituisse una “storia a sé” ed è sempre frutto di una situazione che si crea sul momento.

Non si potrà mai avere la certezza, in base ad alcuni dati, che un soggetto compia violenza domestica. Neanche si può parlare di maggiori o minori probabilità, è proprio la storia di ognuno che determina il suo essere un ipotetico o un reale aggressore

Ciò che potenzialmente è pericoloso è che spesso i soggetti che subiscono questi atti violenti tendono a giustificare gli autori degli abusi. Attraverso particolari distorsioni della realtà queste persone arrivano a credere di meritarsi queste vessazioni, si colpevolizzano eccessivamente e pensano che subirle sia la giusta espiazione. Chi compie violenza domestica infatti si fregia di un particolare potere, cioè quello di “punire” o trattare come un oggetto l’altra persona, considerata come un bersaglio su cui poter esercitare sadicamente la propria dominanza.

La vittima della violenza appunto tende col tempo a pensare di essere effettivamente in torto, di aver realmente compiuto condotte meritevoli di punizioni; quindi lentamente cristallizza la dinamica aggressiva e la “normalizza”.

Oppure molto spesso per paura di ulteriori ritorsioni, specie fisiche, un soggetto abusato nega gli eventi o non denuncia l’aggressore, né si rivolge alla autorità competenti come sarebbe invece necessario. Si crea così il fenomeno del “numero oscuro”, cioè il numero dei reati commessi ma non denunciati e quindi non rilevati ufficialmente.

Questo elemento complica notevolmente lo studio della violenza domestica, perché altera la raccolta dei dati. Tali informazioni difatti rischiano di essere parziali, incomplete ed inesatte. Risulta difficile, quindi, compiere stime o indagini su campioni rappresentativi della popolazione circa l’effettiva diffusione del fenomeno.

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