Boldrini: "Occupazione femminile come arma antiviolenza"

«Dalla crisi economica non si esce, se non rilanciando l’occupazione femminile». Lo ha dichiarato la presidente della Camera, Laura Boldrini, in un'intervista al Corriere della Sera in edicola oggi, alla vigilia della Giornata contro la violenza sulle donne.

«Il 76% degli italiani ritiene che un bambino soffre quando la madre lavora fuori casa, mentre in Francia quel dato è al 41%... È un problema culturale, il nostro - ha sottolineato la Boldrini -. Il Fmi dice che, se non rilanciamo l’occupazione femminile, l’Italia perde potenzialmente 15 punti di Pil. Una donna che lavora è più libera dalle violenze domestiche, perché indipendente economicamente e rispettata socialmente. In Italia solo il 46,8% delle donne lavora ed è una delle percentuali più basse in Europa, un grave svantaggio per il Paese. Vogliamo continuare a penalizzarle, o dar loro un ruolo sociale? Serve, tra le altre cose, una più equa distribuzione degli oneri familiari e quindi anche un congedo parentale più equilibrato tra i genitori».

Per la presidente della Camera «la legge attuale concede agli uomini un congedo irrisorio e per di più sono pochissimi quelli che se ne avvalgono. Mi fa tristezza quando un uomo si vanta di aver preso un solo giorno di congedo per la nascita del figlio. Condividere le responsabilità fa bene al bambino, ai genitori e fa evolvere la società». «Servono più servizi per l’infanzia e per gli anziani. Lo Stato non può pensare che le carenze del welfare si risolvano gravando sulle donne», aggiunge.

Quanto al bilancio, a metà legislatura, dell'attività della Camera per le donne, la Boldrini ha spiegato: «Questo Parlamento, composto per il 30% da donne, ha approvato la convenzione di Istanbul, il decreto sul femminicidio e, da ultimo, alla Camera abbiamo anche istituito l’Intergruppo delle deputate per le Pari opportunità».

E alla domanda se non ci sia da lavorare anche sul linguaggio, la presidente ha risposto così: «Certo, lo dico da tempo. La segretaria generale della Camera, che per la prima volta è una donna, ha inviato una circolare agli uffici affinché nei resoconti venga correttamente usata la declinazione di genere. Io stessa ho scritto alle deputate e ai deputati chiedendo di adottare un linguaggio rispettoso del genere. Ma il problema non esiste solo in Parlamento. Dovremmo riflettere sul perché si dice operaia, infermiera, o contadina e c’è invece resistenza quando si deve dire avvocata, sindaca, o ministra. Mi preoccupa quando le donne ritengono che declinare la loro professione al maschile le renda più autorevoli. Se un deputato mi chiama “signor presidente” io non mi sento più stimata, penso che sta facendo un errore. Usare solo il maschile per i ruoli di vertice significa non voler riconoscere alle donne tali posizioni».

E quanto agli episodi degli insulti sessisti in Parlamento «sono deprecabili, anche per il riflesso che hanno nella società - sottolinea Laura Boldrini -. Per una corretta percezione delle donne, però, tutte noi dobbiamo impegnarci, ognuna nel suo ambito. Non si può abbozzare. Se si lascia correre, sia nel linguaggio che nelle discriminazioni, ci si rende complici».

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