Nitto Palma, Anm contraddice se stessa

ROMA - "L'Associazione Nazionale Magistrati considera la fattispecie disciplinare ipotizzata all'art.1 lett. a) del disegno di legge da me presentato sulla responsabilità disciplinare dei magistrati "una grave compromissione della libertà di espressione e un vulnus ai diritti costituzionali". Ne prendo atto. Ma allora perché, a tacere d'altro, il Presidente dell'Anm, con riferimento ad una esternazione del dottor Ingroia, all'epoca non ancora sceso in politica, ha affermato: "tutti i magistrati, e soprattutto quelli che svolgono indagini delicatissime, devono astenersi da comportamenti che possono offuscare la loro immagine di imparzialità, cioè da comportamenti politici... Ingroia si è spinto a fare una affermazione che ha oggettivamente un contenuto politico" rischiando così di "appannare" la sua immagine di "imparzialità"? In altri termini, ne prendo atto ma non comprendo perché l'Anm, con un notevole revirement, consideri un vulnus elevare a ipotesi disciplinare comportamenti analoghi a quelli che essa stessa, qualificandoli come politici, ha ritenuto di stigmatizzare sul piano dell'offuscamento dell'immagine dell'imparzialità del magistrato, oltre che della mera opportunità. E perché non è stata considerata un vulnus la richiesta avanzata in sede Csm dai consiglieri laici Zanon e Calvi di aprire una procedura di trasferimento di ufficio nei confronti del dottor Ingroia in relazione ad una esternazione? E perché, ancora, non è stato considerato un vulnus il trasferimento di ufficio disposto dal Csm nei confronti della dottoressa Forleo per delle dichiarazioni da questa rese alla trasmissione "Anno Zero"? Trasferimento, peraltro, poi annullato dal Consiglio di Stato per non essere il Csm competente a disporlo. E se di vulnus si tratta, come mai il Csm ha affermato che il diritto di manifestare il proprio pensiero "per quanto riguarda il cittadino-magistrato, deve essere bilanciato con i princìpi costituzionali di indipendenza e imparzialità (e di apparenza di indipendenza e imparzialità, come peraltro autorevolmente affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 100 del 1981), e cioè con i valori essenziali che caratterizzano lo status costituzionale degli appartenenti all'ordine giudiziario" e che "non appare fuori luogo ricordare che i magistrati, nelle occasioni di esternazione pubblica, devono tenere conto che la loro posizione istituzionale accentua i doveri di correttezza espositiva, compostezza e sobrietà, rispetto agli standard di diligenza che possono essere richiesti al cittadino che non ricopra analogo status". E, infine, perché non ricordare quanto affermato dal Presidente della Repubblica al Csm nel Suo intervento del 15 febbraio 2012: " Molti dei comportamenti prima indicati sfuggono però alla sanzionabilità disciplinare per la rigida tipizzazione voluta dal legislatore del 2006 e non sono riconducibili neppure alla regolamentazione paradisciplinare del trasferimento di ufficio disposto in via amministrativa. È bene che da parte delle forze politiche di ciò si sia consapevoli e che a ciò, se si vuole, si ponga meditato rimedio anziché farne ogni volta occasione di invocazioni polemiche e generiche di interventi sanzionatori allo stato non praticabili. Come il Consiglio superiore, la Sezione disciplinare e la Procura generale della Corte di cassazione hanno rilevato, si è in presenza di vuoti normativi non colmabili in via interpretativa. Infine, quanto alle disposizioni sui procedimenti di trasferimento di ufficio, che nulla hanno a che vedere con i procedimenti penali come vergognosamente falsamente affermato e ancora oggi si afferma, giova ricordare, oltre a quanto statuito dal Consiglio di Stato (sentenza Forleo), che il Presidente della Repubblica, nel citato intervento al Csm, ha con grande autorevolezza segnalato la necessità di un intervento legislativo che segni definitivamente la linea di demarcazione tra le condotte volontarie e colpevoli di cui allo status disciplinare del magistrato e le situazioni involontarie ed incolpevoli che potrebbero dar luogo all'applicazione dell'articolo 2 del regio decreto legislativo n. 511 del 1946. Tanto solo per chiarezza e con la precisazione che la mia smentita di ieri, da molti giornalisti definita tardiva, è giunta alle 16 circa solo perché appena pochi minuti prima il senatore Casson mi aveva avvisato di quanto accadeva. Senatore Casson che ringrazio perché, nonostante il clima politico, ha ritenuto di intervenire per chiarire il reale contenuto del mio ddl". Lo dichiara il senatore del Pdl, Francesco Nitto Palma, presidente della Commissione Giustizia.

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