Milano, 48 ore di terrore: Chamila uccisa, un ferito e il suicidio di De Maria. Indagini e polemiche sul permesso di lavoro


MILANO
 – Proseguono senza sosta le indagini da parte di Polizia e Carabinieri sul drammatico caso che ha sconvolto Milano: le 48 ore di violenza e sangue che hanno visto protagonista Emanuele De Maria, detenuto in regime di lavoro esterno, accusato di aver ucciso la collega Chamila Wijesuriya, 50 anni, e ferito un altro dipendente, l’egiziano Hani Nasr, per poi togliersi la vita gettandosi dalle terrazze del Duomo domenica pomeriggio.

La ricostruzione: un piano premeditato

Secondo quanto ricostruito dalla Procura di Milano, De Maria avrebbe agito con lucida premeditazione. Chamila, con cui aveva una relazione, era sua collega nello stesso hotel. A far scattare la furia omicida sarebbe stata la convinzione che tra la donna e Nasr ci fosse un legame, anche se l’uomo, ora fuori pericolo dopo aver ricevuto cinque coltellate, ha negato qualsiasi relazione e anzi affermato di aver messo in guardia Chamila, conoscendo il passato violento di De Maria.

L’inchiesta del pm Francesco De Tomasi si avvale anche delle immagini delle telecamere di sorveglianza, che documentano l’intera escalation: venerdì, De Maria viene ripreso mentre passeggia con Chamila al Parco Nord; due ore dopo, le immagini lo mostrano da solo alla fermata della metro Bignami, con il telefono della donna uccisa in mano. Il giorno dopo, sabato, si presenta all’ingresso dell’hotel Berna dove aggredisce Nasr, e infine, domenica, il tragico epilogo con il suicidio dal Duomo.

Il pm ha disposto l’autopsia sui corpi per accertare eventuale assunzione di sostanze stupefacenti da parte di De Maria.

La polemica: perché era fuori dal carcere?

Il caso ha scatenato un’ondata di polemiche politiche e giudiziarie, in particolare sul fatto che De Maria – condannato per omicidio nel 2016 con fine pena nel 2030 – fosse stato autorizzato a lavorare fuori dal carcere.

L’avvocato difensore, Daniele Tropea, ha difeso la scelta, affermando: “Il permesso gli era stato concesso in virtù dell’ottimo percorso riabilitativo svolto all’interno del carcere di Bollate. Non mi sarei mai aspettato nulla del genere. Avevamo in programma la richiesta di semilibertà già il mese prossimo.”

Ma le giustificazioni non hanno placato il dibattito. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha commentato: “È difficile spiegare ai cittadini perché quell’uomo fosse fuori.”

Il Ministero della Giustizia valuta un’ispezione

Sul caso è intervenuto anche il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, precisando che “non è il DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) a concedere i permessi di lavoro esterni, ma è una scelta della magistratura.” Il Ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, starebbe valutando l’apertura di un’ispezione per chiarire tutti gli aspetti procedurali della vicenda.

Il caso di Emanuele De Maria solleva interrogativi inquietanti sul sistema di valutazione e controllo dei detenuti ammessi al lavoro esterno, e potrebbe aprire la strada a una revisione normativa per evitare che tragedie simili si ripetano.

Posta un commento

0 Commenti