TERNO D'ISOLA - Le indagini sull’omicidio di Sharon Verzeni, la 33enne uccisa a Terno d’Isola poco prima dell’una di notte del 30 luglio scorso, si stanno focalizzando sulle sue abitudini serali. In particolare, gli investigatori stanno esaminando i filmati delle circa 50 telecamere presenti nella zona, cercando di ricostruire gli spostamenti della vittima e di individuare eventuali sospetti.
Nonostante l’enorme mole di dati da analizzare, i carabinieri del ROS Crimini Violenti, insieme ai colleghi del Nucleo operativo di Bergamo e Zogno, stanno concentrando l’attenzione non solo sulle immagini della sera del delitto, ma anche su quelle registrate una settimana prima. Questo perché non si esclude che Sharon potesse conoscere il suo assassino e che avesse già avuto contatti con lui durante le sue passeggiate.
L’uomo in bicicletta la notte del delitto
Un elemento chiave emerso nelle indagini riguarda un uomo in bicicletta, ripreso dalle telecamere nella notte in cui Sharon è stata uccisa. Le immagini lo mostrano mentre percorre via Castegnate, il luogo del delitto, in contromano proprio nell’ora in cui la giovane è stata accoltellata a morte con quattro fendenti. Gli investigatori ritengono che quest’uomo potrebbe essere un testimone cruciale o addirittura l’assassino stesso. Come confermato dai carabinieri, "sono ripresi molti soggetti a piedi, in bicicletta e in moto. E finché ognuno di loro non sarà identificato, sono di interesse investigativo".
La criminologa Bruzzone: "Sharon conosceva il suo assassino"
La criminologa Roberta Bruzzone, interpellata dall’AdnKronos, ha sottolineato che Sharon Verzeni non seguiva un percorso fisso durante le sue passeggiate serali. La sera del delitto, dopo essere uscita da casa in via Merelli, la barista aveva percorso circa 630 metri in 50 minuti, un dettaglio che suggerisce un'interazione prolungata con il suo carnefice prima dell'omicidio. Durante questo lasso di tempo, il cellulare di Sharon ha generato traffico, e l’analisi del suo smartphone potrebbe rivelare se fosse in contatto con il suo assassino.
I test del Dna: un metodo già usato nel caso Yara Gambirasio
Nel tentativo di risalire all’identità dell’assassino, gli inquirenti hanno avviato una serie di test del Dna, simili a quelli effettuati nel caso di Yara Gambirasio. Finora, una trentina di persone sono state sottoposte al tampone, in un’indagine mirata che include operatori del 118, persone vicine alla vittima, e chiunque si trovasse nella zona al momento del delitto. Anche alcuni pregiudicati e persone senza fissa dimora della zona sono considerati di "interesse investigativo". Gli abitanti di Terno d’Isola, preoccupati che l’assassino possa essere ancora libero, si sono detti pronti a collaborare, sottoponendosi ai test del Dna per aiutare le autorità a fare luce su questo tragico omicidio.
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