Trump firma nuovi dazi: colpiti Canada, Svizzera e Siria. L’Europa resta al 15%


È stato firmato nella notte l’ordine esecutivo con cui il presidente americano Donald Trump introduce una nuova ondata di dazi su scala globale. Le tariffe entreranno in vigore il prossimo 7 agosto, con una settimana di ritardo rispetto a quanto inizialmente annunciato. La misura prevede imposte doganali che vanno dal 10% al 41%, con l’obiettivo di colpire in modo mirato alcuni Paesi, come la Siria, e confermare invece accordi già in essere con altre nazioni, tra cui l’Unione europea.

Il provvedimento è parte di una strategia commerciale più ampia, che prevede anche la proroga di alcuni dazi già in vigore, come quello con il Messico, e l’introduzione di sanzioni più pesanti contro governi considerati "ostili" o poco collaborativi. È il caso del Canada, punito con un aumento delle tariffe tra il 25% e il 35%, in risposta – secondo la Casa Bianca – all’“inazione e alle ritorsioni di Ottawa”. Stessa sorte per la Svizzera, che si vede applicare una tariffa al 39%, superiore a quella annunciata ad aprile.

Il capitolo europeo appare invece più stabile: l’accordo tra Trump e la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, raggiunto in Scozia, ha retto. I dazi per i prodotti europei resteranno fissati al 15%, nonostante le tensioni interne all’UE e le pressioni di Paesi come Italia e Francia, in particolare sul fronte agroalimentare. La stessa aliquota del 15% è stata confermata anche per il Giappone e per la Corea del Sud, mentre il Regno Unito beneficia di una tariffa più contenuta, al 10%.

Tra i casi più duri figura la Siria, che sarà colpita dal dazio massimo del 41%, e il Brasile, per cui è previsto un supplemento del 40% su specifiche categorie di prodotti, come rappresaglia contro il governo di Luiz Inácio Lula da Silva, accusato da Washington di voler perseguire penalmente l’ex presidente Jair Bolsonaro. La tariffa base per il Brasile resta al 10%, ma alcuni beni saranno soggetti a un carico complessivo del 50%.

Un altro punto chiave del nuovo ordine riguarda le merci "trasbordate": qualunque prodotto che la U.S. Customs and Border Protection ritenga spedito da un Paese terzo per eludere dazi più alti – ad esempio beni cinesi riconfezionati altrove – sarà soggetto automaticamente a una tariffa del 40%.

Nonostante la severità delle misure, Trump ha lasciato aperto uno spiraglio per la diplomazia. In un’intervista rilasciata alla NBC, il presidente ha dichiarato che sarà sempre disposto a rivedere i dazi se riceverà “offerte convincenti”, ribadendo la disponibilità a trattare anche con il Canada.

Restano però diversi nodi irrisolti. Tra questi, l’impatto della tariffa del 15% su prodotti simbolo del made in Europe, come vino, champagne, whisky e liquori, per i quali al momento non sono previste esenzioni. La Commissione europea ha promesso di lavorare per ottenere "il numero massimo possibile di deroghe", anche grazie alla pressione diplomatica di Roma e Parigi.

Ancora più delicata la situazione su acciaio e alluminio, attualmente soggetti a una tariffa del 50%, in attesa che venga definito un sistema di quote. Le trattative su questo fronte sembrano tutt’altro che concluse, e le divergenze tra Stati Uniti ed Europa restano profonde. A rischio anche settori strategici come microchip e farmaci, per i quali si attendono specifiche direttive da parte dell’amministrazione americana. Come dichiarato dal segretario al Commercio, Howard Lutnick, "ci sarà ancora molto da negoziare".

Le nuove tariffe doganali sulle merci spedite via nave non potranno essere riviste prima del 5 ottobre 2025, rendendo l’attuale impianto tariffario stabile per almeno i prossimi due mesi.

Posta un commento

0 Commenti