GAZA - «Non c'è alcuna politica della fame a Gaza, e non c'è fame a Gaza». Sono state queste le parole del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu lo scorso weekend, durante una dichiarazione a Gerusalemme. Un’affermazione che ha sollevato immediate polemiche, mentre proprio in quelle ore entrava in vigore una tregua umanitaria nella Striscia di Gaza, con l'arrivo di aiuti tanto attesi via terra e dal cielo.
Tonnellate di generi alimentari e forniture di prima necessità sono stati lanciati dall’esercito israeliano e da aerei provenienti da Paesi come Giordania ed Emirati Arabi Uniti. Intanto, diversi camion egiziani hanno varcato il valico di Rafah, uno dei pochi punti di accesso rimasti percorribili per far arrivare soccorsi alla popolazione.
Ma nonostante questi primi segnali di sollievo, la crisi umanitaria resta drammatica. Secondo quanto riportato dall’agenzia palestinese Wafa, sei persone sono morte per fame nelle ultime 24 ore, tra cui due bambini. Altre 24 vittime si registrano in seguito ad attacchi avvenuti in aree designate per la distribuzione degli aiuti, un fatto che aggrava ulteriormente la già delicata situazione sul terreno.
Dalla comunità internazionale, intanto, arrivano nuove pressioni. Il governo britannico è stato richiamato dalla pausa estiva dal leader laburista Keir Starmer, che ha definito la "pausa tattica" necessaria ma non sufficiente per affrontare l’emergenza. Cresce nel Regno Unito la spinta affinché Londra riconosca ufficialmente lo Stato palestinese, con una parte consistente dell’opinione pubblica e del partito laburista che chiede una presa di posizione chiara.
Anche in Italia il dibattito si fa acceso. Una lettera aperta firmata da 38 ex ambasciatori italiani è stata indirizzata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Nel testo, i firmatari chiedono al governo di uscire dall’ambiguità e di agire con decisione per il riconoscimento della Palestina. L’iniziativa è stata accolta con favore dalle opposizioni, che da tempo sollecitano una svolta nella politica estera italiana.
Nel frattempo, due cittadini italiani, fermati nei giorni scorsi mentre prendevano parte alla missione umanitaria della Freedom Flotilla diretta verso Gaza, sono in fase di rimpatrio. La vicenda si inserisce in un quadro internazionale sempre più teso, in cui le iniziative civili cercano di rompere l’isolamento della Striscia, spesso pagando un prezzo personale molto alto.
Mentre la politica discute, sul campo la realtà rimane una sola: la popolazione civile di Gaza continua a pagare il prezzo più alto. Fame, insicurezza e bombardamenti incessanti rendono ogni giorno un nuovo dramma. E la tregua, per quanto necessaria, sembra ancora troppo fragile per essere davvero considerata una soluzione.
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