Gaza, colpita la Chiesa della Sacra Famiglia: due morti e sei feriti gravi. Ferito anche il parroco


GAZA –
Ancora sangue e distruzione nella Striscia di Gaza. In un nuovo raid, è stata colpita anche la Chiesa della Sacra Famiglia, uno degli ultimi luoghi di rifugio rimasti per i civili in una città devastata dalla guerra. Secondo fonti raccolte dall’ANSA, il bilancio provvisorio è di due morti e sei feriti gravi, tra cui anche padre Gabriel Romanelli, parroco della comunità cristiana, rimasto ferito a una gamba.

Il colpo alla Chiesa non è solo un attacco a un edificio, ma a un simbolo di speranza e di accoglienza. La Sacra Famiglia rappresentava uno degli ultimi presidi umanitari, un punto di appoggio per molte famiglie sfollate. Il ferimento di padre Romanelli ha scosso non solo i fedeli locali, ma anche la comunità cristiana internazionale, che da tempo segue con apprensione la sua testimonianza quotidiana dal cuore del conflitto.

Il contesto: Gaza sotto assedio, la Siria in fiamme

Mentre a Gaza prosegue l’offensiva militare israeliana, con raid incessanti e un bilancio umanitario sempre più drammatico, la tensione cresce anche sul fronte siriano. Le forze israeliane hanno colpito centri del potere politico e militare del regime siriano, dichiarando di voler proteggere la minoranza drusa, minacciata dagli sviluppi del conflitto nella regione di Sweida.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato: “Difenderemo i nostri fratelli drusi”, mentre l’esercito siriano ha annunciato il ritiro da Sweida, lasciando il controllo della sicurezza ai leader locali. Una scelta che appare come un tentativo di evitare ulteriori scontri, ma che arriva dopo giorni di sangue: oltre 350 morti solo da domenica scorsa.

Una crisi umanitaria senza precedenti

A Gaza la situazione è ormai al collasso. Ospedali bombardati, civili intrappolati e aiuti umanitari bloccati da giorni ai confini. La comunità internazionale assiste con crescente preoccupazione a una crisi umanitaria che non sembra trovare tregua. La tragedia della Chiesa colpita si inserisce in questo quadro: non più solo edifici governativi o presunti obiettivi militari, ma anche luoghi sacri, scuole, ospedali, rifugi.

Il silenzio e l’impotenza delle diplomazie europee e internazionali pesano come macigni mentre il numero delle vittime continua a salire. In questo contesto, le parole di padre Romanelli — spesso in contatto con giornalisti e Ong — risuonano oggi con ancora più forza. La sua ferita fisica è il simbolo di una ferita ben più profonda: quella di una popolazione martoriata, abbandonata, e priva di vie di fuga.

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