Colloqui di lavoro: come capire se un candidato sta mentendo?


MILANO
- Gestire un processo di selezione del personale per la propria azienda non è mai un'attività da prendere sottogamba. Al contrario l'intervista dei candidati per una posizione aperta è un momento delicato, poiché dagli incontri a tu per te dipende in buona parte la selezione finale, la quale, se errata, comporterà costi estremamente importanti per l'azienda.

E gli errori possono essere effettivamente tanti. Non porre la domanda giusta, lasciarsi guidare troppo dall'istinto, focalizzarsi eccessivamente sulle competenze tecniche senza considerare sufficientemente le soft skills: questi sono solamente alcuni dei possibili errori che un recruiter può commettere nel gestire un colloquio di lavoro in modo distratto o poco professionale, con esiti potenzialmente infausti. A tutto questo si somma il fatto che talvolta – o persino spesso – i candidati mentono.
«Tutte le volte che ci si mette di fronte a un candidato per un colloquio di lavoro è bene partire dal presupposto che la persona davanti a noi potrebbe mentire» spiega Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati (www.adamiassociati.com), società specializzata nella selezione di personale qualificato e nello sviluppo di carriera.
«Per chi si occupa quotidianamente della selezione del personale non è affatto raro trovarsi di fronte a delle distorsioni della realtà, le quali una volta smascherate non possono che compromettere parzialmente o totalmente una candidatura. Va detto peraltro che in sede di colloquio di lavoro ci sono bugie e bugie: nella maggior parte dei casi non si tratta di vere e proprie menzogne, quanto invece di piccole deviazioni, di verità gonfiate con il preciso obiettivo di migliorare sensibilmente la propria immagine agli occhi del recruiter».

Lo studio sulle "bugie" nei colloqui di lavoro

Un'indagine della britannica EIA (Emotional Intelligence Academy) ha individuato quelle che sono le distorsioni più frequenti durante i colloqui di lavoro: si tratta soprattutto di bugie relative allo stipendio precedente, al livello di esperienza professionale e al reale titolo di studio. «Le distorsioni e le omissioni da parte del candidato, nella maggior parte dei casi, sono facilmente smascherabili dal selezionatore esperto: alcune sul momento, altre con dei controlli successivi al colloquio» spiega Adami.

Ma come capire se un candidato sta mentendo?

«Prima di qualsiasi altra cosa, a tradire eventuali bugie, sia piccole che grandi, sono i cambiamenti nel tono di voce, gli occhi e il linguaggio del corpo: un campanello d'allarme è per esempio quello di un candidato che sostiene lo sguardo del selezionatore per tutta l'intervista, eccezion fatta che nel momento della risposta a domande potenzialmente scomode» racconta l'head hunter, aggiungendo che «anche pause, movimenti delle mani e microespressioni possono essere tutti segnali rivelatori». Di certo però chi non si occupa regolarmente della selezione del personale ha non poche difficoltà nel cogliere questi segnali e nell’interpretarli correttamente.
Al termine del colloquio di lavoro è poi bene controllare le informazioni raccolte, per un double-check: «gli strumenti a disposizione dell'head hunter per verificare le risposte dei candidati sono i più diversi, partendo dal controllo delle digital reputation per arrivare a dei contatti con ex colleghi o passati datori di lavoro» conclude Carola Adami.
É vero dunque che la maggior parte delle bugie hanno le gambe corte, soprattutto quando dall'altra parte della scrivania c'è un cacciatore di teste professionista.

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