Aurora e il suo sogno di fare la nurse coach


ROMA
- Le restrizioni della pandemia hanno cambiato il ritmo della vita di ciascuno di noi. Sono cambiati i bisogni e le necessità, ancor di più per chi soffre di particolari patologie, come ad esempio chi convive con una malattia come la SLA, una condizione di salute che fa sembrare di vivere su un altro pianeta.

Nei mesi di pandemia c’è chi, nonostante tutto, ha continuato ad inseguire i propri sogni e a realizzare la propria vita. A dimostrarlo una tesi ricevuta da AISLA sul "Ruolo dell’infermiere con i malati di SLA: l’alleanza nel percorso di cura con l’assistito".
È la storia di Aurora Bandelli, una ragazza fiorentina di 24 anni che finisce il 2021 festeggiando la sua laurea fresca in infermieristica all’Università degli Studi di Firenze, nella sede di Borgo San Lorenzo.
Il percorso di Aurora inizia quasi per caso con il servizio civile alla Misericordia alla Rufina. Ed è qui che capisce il valore profondo dell’assistenza e si appassiona all’infermieristica.
Una decisione spontanea per una giovane donna empatica come Aurora che racconta: "Mi sono guardata dentro, ed ho subito visto il futuro".
Il percorso è durato 4 anni e non senza problemi, il più importante quello di salute che l’ha fermata per più di un anno.
Ma quella tesi era importante e grazie alla prof.ssa Antonella Agostini, suo tutor clinico, non ha abbandonato mai l’idea di concludere il suo percorso di studio volto ad approfondire la metodologia, la pratica e gli obiettivi dell’assistenza.
Quali progetti per il futuro? "Iscrivermi all’ordine e acquisire specializzazioni. Mi vedrei bene in un luogo di assistenza in un rapporto stretto con l’assistito, e non paziente. Perché per chi decide di mettersi al servizio della cura, non si aspetta pazienza, ma reciprocità" risponde Aurora.
E poi Aurora, come Plutarco, si interroga sul fatto che la natura "…ha dato a ciascuno di NOI due orecchie ma una sola lingua, perché siamo tenuti ad ascoltare più che a parlare?".
Da qui capisce che per scrivere, doveva prima ascoltare, e da questo nasce il suo legame con la SLA.
Con il supporto del prof. Giovanni Paolo Monformoso, è entrata in contatto con AISLA Lazio e da qui con il Centro Clinico NeMO Roma che la ha dato la possibilità di ascoltare, attraverso la somministrazione di due questionari: uno dedicato agli operatori socio-sanitari e l’altro alle persone con SLA ed i loro famigliari, compresi i bisogni di 34 persone e 42 operatori.
La giovane Aurora ha imparato la lezione più importante: "Ognuno di noi viene calato in un contesto assistenziale dove è essenziale sviluppare caratteristiche umane che non si trovano sui libri".
Aurora, che sogna di diventare una nurse coach, ha così regalato una grande gioia alla grande famiglia dell’Aisla.

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