NAPOLI. "Oggi in trincea ci sono medici ed infermieri, i nostri eroi invisibili di un’Italia capace di esprimere talenti. Domani quella trincea lascerà spazio ad intellettuali, artisti, sociologi per curare l’anima di un Paese ferito": così dichiara Mario Esposito, patron del Premio "Penisola Sorrentina Arturo Esposito".
"Questa quarantena forzata è stata per me l’occasione di ripensare al ruolo di uomo, di organizzatore culturale, di individuo" dichiara Esposito "Il tessuto sociale e psicologico è inevitabilmente sfilacciato e questo è molto pericoloso, perché in un contesto di crisi economica apre più facilmente le porte al malaffare e alla malavita, che potrebbe cambiare il nostro sistema culturale di simboli e tradizioni. E questa sovversione valoriale sarebbe ancor più pericolosa di quella economica. La società del resto non è altro che un sistema funzionale di bisogni fondamentali e – come ebbe ad insegnare l’antropologo polacco Malinowsky – gli esseri umani risolvono i problemi materiali con risposte culturali per cui al bisogno di cibo rispondono con l’elaborazione di strutture economiche, modalità di usi culinari, buone maniere a tavola, oppure al bisogno di riprodursi e all’istinto sessuale l’essere umano risponde con l’organizzazione dei sistemi di parentela e degli scambi matrimoniali. Un sovvertimento in termini qualitativi di un quadro culturale tradizionale sarebbe l’effetto di lunga durata più deletereo di questa emergenza".
La guerra al Covid19 è ancora in corso. Ci sono tanti vinti e tanti morti. E tante responsabilità ancora da individuare. Ed incertezze sul piano economico e finanziario e sulla tenuta delle istituzioni europee. Occorrerà superare il fisiologico ripiegamento su se stessi.
"Una delle conseguenze più immediate di queste emergenze (ce lo insegna la storia - anche letteraria- dei dopoguerra) è il ripiegamento interiore, che però non basta, non soddisfa le esigenze di un Paese che ha necessita di riscoprirsi, partendo dalle proprie piccole comunità" sottolinea Mario Esposito.
"Camminando in questi giorni di quarantena per la piccola città costiera in cui vivo, Piano di Sorrento, ho avvertito tristezza, desolazione, preoccupazione. All’indomani di una globalizzazione senza se e senza ma, sarà necessario professare invece quello che mi piace definire il 'Campanilismo Solidale', un modo di ritrovare anzitutto il piacere della propria identità (e abbiamo visto quanto pesa perdere la normalità dei e nei propri piccoli paesi, come nelle grandi città) e di ripensare ai fattori di relazione con gli altri individui. L’uso della cultura, dei simboli di appartenenza dovranno essere il nucleo centrale per aumentare la coesività del gruppo e per rivedere l’ispirazione di quelle pratiche collettive (come appunto feste, riti, festival, premi) in grado di eccitare i sentimenti in direzione di valori comuni e di appartenenza ad un’unica totalità".
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