Crotone, muore suicida in carcere dopo poche ore in cella. Sappe: "Situazione allarmante nei penitenziari"

ROMA - Un detenuto nuovo giunto si è impiccato nella notte nella casa circondariale di Crotone dopo poche ore in cella. Si tratta di un giovane del Crotonese (con problemi psichici e che già aveva tentato il suicidio in libertà) appena giunto in carcere per il reato di maltrattamenti in famiglia, che si è impiccato al letto della cella nella quale era rinchiuso, durante il cambio turno degli Agenti, utilizzando i lacci delle scarpe. Inutili i tentativi di rianimazione dei sanitari e dei poliziotti. A dare la notizia è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, il primo e più rappresentativo dei Baschi Azzurri.

“Come sapete, abbiamo sempre detto che la morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato”, commenta amareggiato Donato Capece, segretario generale del SAPPE. E richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che sui suicidi in carcere aveva sottolineato come "il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Proprio il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti e sconforta che le autorità politiche, penitenziarie ministeriali e regionali, pur in presenza di inquietanti eventi critici, non assumano adeguati ed urgenti provvedimenti”, .

Per Capece “La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Anche la consistente presenza di detenuti con problemi psichiatrici è causa da tempo di gravi criticità per quanto attiene l’ordine e la sicurezza delle carceri del Paese. Il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni. Ed è grave che, pur essendo a conoscenza delle problematiche connesse alla folta presenza di detenuti psichiatrici, le Autorità competenti non siano ancora state in grado di trovare una soluzione”, evidenzia.

Impietosa la denuncia del leader del SAPPE: “Se i vertici del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non sono in grado di trovare soluzioni alla gravissima situazione delle carceri italiane ed alla tutela degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria devono avere la dignità di dimettersi!”.

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