ROMA – Sono 4,4 milioni i lavoratori che dal 4 maggio, secondo quanto stabilito
dal DPCM del 26 aprile, riprenderanno la propria attività lavorativa; mentre 2,7 milioni
continueranno a restare a casa in attesa di successive misure governative. Su 100 rimasti a casa per
effetto dei provvedimenti di sospensione delle attività, ben il 62,2% potrà tornare al lavoro. La ripresa
però avrà effetti inattesi. Coinvolgerà soprattutto lavoratori over 50, rispetto ai giovani, interesserà
maggiormente il Nord Italia, più esposto al contagio in questi due mesi di emergenza da Covid-19, e
favorirà i lavoratori dipendenti a discapito degli autonomi. Ad approfondire le caratteristiche di chi
da lunedì riprenderà la propria attività è la nuova indagine della Fondazione Studi Consulenti del
Lavoro, a partire dai microdati delle Forze Lavoro Istat, intitolata “Ritorno al lavoro per 4,4 milioni
di italiani. Al Nord prima che al Sud, anziani più dei giovani”.
La ripresa interesserà principalmente
i lavoratori dell’industria, dove l’attività potrà ritornare a pieno regime (100% dei settori riaperti): su
100 lavoratori che rientreranno al lavoro il 60,7% lavora nel settore manifatturiero; il 15,1% nelle
costruzioni; il 12,7% nel commercio e l’11,4% in altre attività di servizio. Dunque, principalmente
occupazione maschile più presente in tale comparto. Saranno, infatti, 3,3 milioni gli uomini che
torneranno al lavoro (il 74,8% del totale), mentre “solo” 1,1 mln le donne (25,2%). In generale,
saranno soprattutto lavoratori dipendenti (3,5 mln, pari al 79,4% di chi riprenderà a lavorare) mentre
gli autonomi (il restante 20,6%) dovranno ancora aspettare: solo il 49% di quanti sono stati interessati
dai provvedimenti di sospensione potrà riaprire già dal 4 maggio. Tra i paradossi legati alla riapertura
delle attività produttive prevista dalla Fase 2, nonostante il dibattito nazionale sull’opportunità di
prevedere rientri differenziati per tutelare maggiormente la popolazione più adulta, c’è l’aspetto
legato all’età dei lavoratori coinvolti.
Gli over 50 riprenderanno a lavorare prima dei giovani. Su 100
occupati in settori “sospesi”, a rientrare saranno il 68,7% dei 50-59enni; il 67,1% dei 40-49enni; il
59% dei 30-39enni e il 48,8% degli under 30. Alta anche la percentuale degli over 60 (pari al 60,1%
di quanti sono rimasti a casa per effetto del blocco delle attività). Anche la “settorialità” delle aperture
delinea un quadro non coerente rispetto alla diffusione della pandemia. La ripresa, infatti, si
concentrerà proprio nelle aree più interessate dal virus: a fronte di 2,8 mln di lavoratori al Nord Italia,
saranno 812 mila al Centro e 822 mila al Sud gli occupati che rientreranno al lavoro.
Tra le regioni
interessate: Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto, Marche e Lombardia, dove il tasso di rientro oscilla
intorno al 69%; di contro in Val d’Aosta (49,3%), Lazio (46,7%), Sicilia (43,4%), Calabria (42,5%)
e Sardegna (39,2%), la ripresa interesserà meno di un lavoratore su due tra quelli “sospesi”.
Ovviamente la riapertura dei settori non comporterà necessariamente la presenza in sede dei
lavoratori, ma seguendo le indicazioni ribadite negli stessi ultimi provvedimenti governativi, dovrà
essere promosso il più possibile il lavoro agile. Da questo punto di vista, tuttavia, l’indagine evidenzia
come solo nel 36,6% dei casi i lavoratori chiamati a riprendere le proprie attività potranno farlo in
smart working; mentre la maggior parte (63,4%), per le caratteristiche del proprio lavoro, non potrà
che farlo in sede.
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