Multa per un indiano sikh residente in Italia. Cassazione: "I migranti devono conformarsi ai nostri valori"

(Foto CORRIERE DELLA SERA)

di ILEANA CIRULLI - La Corte di Cassazione ha condannato un uomo di origine indiana, appartenente alla religione dei Sikh e che voleva circolare con un coltello, il quale è ritenuto "sacro" secondo i precetti della sua religione. L'uomo era stato visto il 6 marzo del 2013 a Goito - Mantova -, dove risiede una grande comunità Sikh, mentre usciva di casa armato della suddetta arma, lunga quasi venti centimetri. Accusato di essere armato, aveva sostenuto che il coltello - denominato kirpan -, come anche il turbante, "era un simbolo della sua religione e il porto costituiva adempimento del dovere religioso" e, per tale motivo, aveva chiesto alla Cassazione di non essere multato.

La sua richiesta era stata condivisa dalla Procura della Suprema Corte che, evidentemente, aveva ritenuto tale comportamento giustificato dalla diversità culturale e aveva chiesto l'annullamento senza rinvio della sentenza di condanna. Secondo la Cassazione, invece, i migranti che hanno scelto di vivere in Occidente hanno "l'obbligo" di adeguarsi ai valori della società in cui hanno deciso di "stabilirsi", consapevoli che sono "diversi dai loro".

E non è tollerabile che "l'attaccamento ai propri valori, seppure leciti secondo le leggi vigenti nel Paese di provenienza, porti alla violazione cosciente di quelli della società ospitante". Per tale ragione, la Cassazione ha condannato a duemila euro di multa l'uomo di origine indiana.

Il verdetto della Suprema Corte ha stabilito che "in una società multietnica la convivenza tra soggetti di etnia diversa richiede necessariamente l'identificazione di un nucleo comune in cui immigrati e società di accoglienza si debbono riconoscere. Se l'integrazione non impone l'abbandono della cultura di origine, in consonanza con la previsione dell'articolo 2 della Costituzione che valorizza il pluralismo sociale, il limite invalicabile è costituito dal rispetto dei diritti umani e della civiltà giuridica della società ospitante".

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